L’Università non molla e continuano le proteste, giuste, contro la legge 133/08. Ma al di là delle manifestazioni, credo che molte delle motivazioni per cui gli studenti agitano le piazze non riescono a far breccia. Soprattutto per la scarsa qualità dell’informazione, che tende a riportare gli aspetti più folcloristici della vicenda. Ma il messaggio potrebbe essere più efficace? Forse sì. Forse stando attenti a diversi pericoli comunicativi abilmente impiegati da chi vuole ridurre un problema ciclico e fondamentale per lo sviluppo della nostra società, ad una tempesta ormonale di giovani scamiciati. Ad esempio sottraendosi all’impressione che si voglia difendere a tutti i costi l’attuale impianto universitario, quello pre-riforma per essere chiari. (…)

Perché sta passando l’idea che gli studenti vogliano difendere l’Università così com’è, e non credo che questo sia nelle loro intenzioni. Chi vuole lasciare che tutto rimanga com’è, pensando che stiamo attualmente vivendo un’età dell’oro? Il messaggio dovrebbe essere più chiaro di quanto trasuda dalle cronache: questa università non convince nemmeno adesso. Perché è il momento di passare alla proposta. Magari denunciando l’antico nepotismo e “baronaggio” della casta universitaria. Oppure la bassa qualità della didattica e l’impossibilità di sviluppo della ricerca di alta qualità. Parlando ancora della distribuzione insensata delle risorse che premiano piccole università “familiari” dove pullulano cattedre inutili. E perché non richiamare la necessità di soddisfare gli standard più alti nell’insegnamento? Ed ancora smascherare il fatto che la valutazione della qualità della proposta formativa e del proprio operato sia certificata da indicatori scelti dagli stessi proponenti? Si potrebbe continuare quasi all’infinito. Ma attenzione a far comprendere che le ragioni del malessere non sono futili ed inesistenti, spiegando anche a chi, sfortunatamente, non abbia potuto accedere a studi universitari, che non si sta conducendo una battaglia sulla conservazione delle inefficienze di questo sistema. Al contrario. Perché, a differenza del passato,abbiamo bisoggno che tutti capiscano. Anche coloro che hanno meno strumenti per farlo.




P.S. un piccolo consiglio senza importanza. Se volete davvero comprendere gli errori che sono stati compiuti in passato nelle lotte studentesche, senza infingimenti, idealizzazioni e con il rischio di prendersi un pugno nello stomaco, vi consiglio l’ultimo libro di Andrè Glucksmann “sessantotto”. C’è molto da imparare.