Questa davvero non la sapevo e l’ho letta su “Internazionale”. L’articolo è a firma di Anil Ananthaswamy del New Scientist e parla dei “trapianti fecali”. In sostanza si tratta di una tecnica per combattere le infezioni intestinali che si basa sul trasferimento di feci da pazienti sani (credo comunque consaguinei) a pazienti malati di forme importanti di infezioni gastrointestinali. Il trattamento è peraltro conosciuto dal 1958 quando fu testato con successo dai chirurghi di Denver dell’Università del Colorado su quattro pazienti. Da allora sarebbero stati pubblicati circa duecento studi su singoli casi clinici, ma la terapia non si è mai affermata nella pratica medica. La metodica sarebbe particolarmente efficace in pazienti il cui intestino è colonizzato dal Clostridio difficile, molto difficile da eradicare per la forte resistenza agli antibiotici. Tenendo conto non solo dei costi che i trattamenti di antibioticoterapia stanno acquisendo, ma del fatto che gli stessi antibiotici provocano spesso gli squilibri della flora batterica che provocano l’invasione e la moltiplicazione di questi ospiti davvero poco graditi, questa inusuale strategia potrebbe rivelarsi meno balzana di quello che sembra. Comunque Peter Katelaris, gastroenterologo dell’Università di Sidney in Australia come anche l’equipe di Ed Kuijper dell’Università di Leida, stanno lavorandoci sopra testando la procedura in modo rigoroso su ampia scala e solo dopo queste sperimentazioni si potrà dimostrarne l’efficacia e la sicurezza. Mi raccomando a tutti voi: gli esperimenti lasciateli fare a chi di dovere
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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