Lester Brown, in suo famoso libro, parlava di PIANO B per l’ambiente. Per Torino ci sarebbe bisogno, a questo punto, di un PIANO T che incalzasse i futuri amministratori a rendere esplicite le politiche da intraprendere per la nostra città: cosa vogliono fare, spiegare più chiaramente quali sono le soluzioni intraviste, aiutare i cittadini a leggere tra i documenti programmatici un pensiero che colleghi impegni, azioni risultati senza dividere gli uni dagli altri e prendendo i cinque anni del prossimo mandato come dimensione temporale a cui riferirsi. Nel nostro piccolo PIANO T siamo arrivati alla conclusione che non è più sufficiente inserire qua e là alcune strisce verdi, apporre alcuni post it ambientali tra le pagine dei programmi che all’ulltimo minuto verranno lanciati e sicuramente poco letti dai cittadini. Noi pensiamo che il progresso ambientale debba diventare la chiave per combattere la disoccupazione, il degrado di alcune aree della nostra città, la perdita di risorse e tempo dato dall’attuale sistema di trasporto, lo stato di benessere dei cittadini della nostra città. La buona notizia è che esistono già gli strumenti scientifici, industriali e politici per arrivare a tutto ciò. Ciò che manca è la volontà politica. Il filo guida potrebbe essere la conquista del ben-essere dei torinesi. Un ben-essere che ha molte facce. Torino, come altre città, continua ad essere piagata dalla scarsità di lavoro: perchè non rendere la nostra città la capitale delle tecnologie sostenibili? Abbiamo strade, aree industriali, capacità di lavoro ad alti livelli ma continuiamo ad incaponirci sullo sviluppo di produzioni mature che non potranno pensare di espandersi. Perchè non orientiamo la nostra politica occupazionale sulla costruzione di tecnologie verdi facendo di Torino la capitale della produzione di tecnologie al servizio dell’ambiente? Abbiamo un prestigioso Politecnico all’avanguardia in europa: perchè non farlo diventare il miglior centro di formazione e studio a livello internazionale delle produzioni verdi? Siamo all’avanguardia nel settore sanitario: perchè non impegnarci a costruire un polo di studio, ricerca e cura sugli impatti che l’ambiente provoca sulla nostra salute? Abbiamo una grande esperienza sulle politiche pubbliche nella gestione di beni comuni come l’acqua sia dal punto di vista amministrativo che tecnologico: perchè non diventare il centro europeo dell’acqua dove si studiano e costruiscono le tecnologie per la gestione di questo bene diventando centro di riferimento internazionale? I nostri Enti sono voraci consumatori di energia, mezzi per spostamento, carta, computer, plastica e via discorrendo. Ma sono ancora tiepidi nell’autoregolamentarsi secondo parametri di acquisto “greener” e non è una questione di maggiori costi, ma di volontà politica. Se tutto ciò che è amministrazione pubblica scegliesse in maniera decisa il proprio consumo secondo parametri sostenibili, si verrebbe a creare un mercato di prodotti a basso impatto che non potrà che vedere l’insediamento di nuovi soggetti produttivi pronti a soddisfare tale richiesta mediante una filiera più corta. E dove il lavoro buono si sviluppa aumenta anche la sicurezza perchè, come ci hanno dimostrato le democrazie del nord europa, la sicurezza sociale e la crescita economica si stimolano a vicenda.
L’economia verde non serve solo al minor impatto ambientale, ma anche a creare nuovi posti di lavoro di qualità e poco delocalizzabili all’estero, a rimettere in moto l’economia. Significa creare lavoro, economia, risparmio per i cittadini e migliramento della loro qualità di vita. Non, come molti vorrebbero far credere, a ritornare al medioevo. Ma ci torneremo ancora…
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