Tra le diverse notizie sulle limitazioni del traffico a Torino causa smog, mi sembra che la più importante continui a non aver catturato la giusta attenzione. Si tratta dell’introduzione, prevista per il prossimo anno, per la città di Torino del cosiddetto road pricing.
Personalmente in tempi non sospetti avevo già sostenuto questa norma, ma ritengo utile chiarire alcuni aspetti che non potranno certamente esaurirsi in questa breve nota, ma che tenterò anche successivamente di sviluppare.
Concentrandoci sul costo-beneficio di questa norma dovremmo più precisamente parlare di “congestion charge” rispetto alla “pollution charge”. Il problema vero anche dell’inquinamento è infatti il congestionamento del traffico, che è provocato anche dai mezzi con emissioni ridotte.
Infatti considerando i diversi fattori che producono inquinamento, il maggiore contributo sembra essere dato proprio dal numero dei mezzi circolanti, oltre al numero dei Km da essi percorsa.
Riprendendo un’analisi di Panella “Le strade costituiscono un esempio di bene per cui l’offerta non è adattabile alle esigenze poste dalla domanda e godono della caratteristica di fornire servizi che sono simultaneamente goduti da più utilizzatori senza provocare una diminuzione del benessere. Tuttavia, dopo un certo livello, esse sono caratterizzate da rivalità nel consumo e assumono la caratteristica di beni pubblici congestionati. Il tempo perso dalla collettività dovuto al congestionamento è un costo esterno: per le imprese diretto, mentre per le famiglie è un mancato beneficio che sarebbe potuto derivare destinando il tempo ad altre attività. Ogni nuovo consumatore non solo sopporta un costo crescente, ma fa aumentare il costo sopportato dai consumatori precedenti. L’equilibrio di mercato – cioè il flusso di traffico – ha luogo sulla base del costo privato ed è quindi eccessivo, per cui occorre far sopportare ai consumatori privati il costo sociale delle loro azioni”.
In sostanza il livello di traffico generato dal mercato non è ottimale: esso non consente alla collettività di trarre il massimo vantaggio. La congestione alimenta ed alimentata anche da un uso eccessivo del trasporto privato, che danneggia il trasporto pubblico – svolto con mezzi ingombranti – con calo della sua domanda ed aumento del costo per il TPL. Il problema dell’uso dei carburanti alternativi o dell’idrogeno non è infatti particolarmente efficiente nel ridurre l’inquinamento da congestione.
Arrivando per inciso anche al paradosso che la diminuzione dell’inquinamento non porta di per sé alla diminuzione della congestione mentre è vero il contrario: la diminuzione della congestione porta a riduzione dell’inquinamento.
Quindi attenzione anche a come si disegnerà il provvedimento: l’efficienza crollerà se non verrà esteso a tutte le auto, e non solo a quelle più inquinanti; i proventi dovranno essere investiti nel TPL che dovrà essere potenziato anche agendo con tariffe o forme di abbonamento sostenibili.
Personalmente in tempi non sospetti avevo già sostenuto questa norma, ma ritengo utile chiarire alcuni aspetti che non potranno certamente esaurirsi in questa breve nota, ma che tenterò anche successivamente di sviluppare.
Concentrandoci sul costo-beneficio di questa norma dovremmo più precisamente parlare di “congestion charge” rispetto alla “pollution charge”. Il problema vero anche dell’inquinamento è infatti il congestionamento del traffico, che è provocato anche dai mezzi con emissioni ridotte.
Infatti considerando i diversi fattori che producono inquinamento, il maggiore contributo sembra essere dato proprio dal numero dei mezzi circolanti, oltre al numero dei Km da essi percorsa.
Riprendendo un’analisi di Panella “Le strade costituiscono un esempio di bene per cui l’offerta non è adattabile alle esigenze poste dalla domanda e godono della caratteristica di fornire servizi che sono simultaneamente goduti da più utilizzatori senza provocare una diminuzione del benessere. Tuttavia, dopo un certo livello, esse sono caratterizzate da rivalità nel consumo e assumono la caratteristica di beni pubblici congestionati. Il tempo perso dalla collettività dovuto al congestionamento è un costo esterno: per le imprese diretto, mentre per le famiglie è un mancato beneficio che sarebbe potuto derivare destinando il tempo ad altre attività. Ogni nuovo consumatore non solo sopporta un costo crescente, ma fa aumentare il costo sopportato dai consumatori precedenti. L’equilibrio di mercato – cioè il flusso di traffico – ha luogo sulla base del costo privato ed è quindi eccessivo, per cui occorre far sopportare ai consumatori privati il costo sociale delle loro azioni”.
In sostanza il livello di traffico generato dal mercato non è ottimale: esso non consente alla collettività di trarre il massimo vantaggio. La congestione alimenta ed alimentata anche da un uso eccessivo del trasporto privato, che danneggia il trasporto pubblico – svolto con mezzi ingombranti – con calo della sua domanda ed aumento del costo per il TPL. Il problema dell’uso dei carburanti alternativi o dell’idrogeno non è infatti particolarmente efficiente nel ridurre l’inquinamento da congestione.
Arrivando per inciso anche al paradosso che la diminuzione dell’inquinamento non porta di per sé alla diminuzione della congestione mentre è vero il contrario: la diminuzione della congestione porta a riduzione dell’inquinamento.
Quindi attenzione anche a come si disegnerà il provvedimento: l’efficienza crollerà se non verrà esteso a tutte le auto, e non solo a quelle più inquinanti; i proventi dovranno essere investiti nel TPL che dovrà essere potenziato anche agendo con tariffe o forme di abbonamento sostenibili.
No Comments to Tassa sulla congestione o sull’inquinamento? so far. (RSS Feeds for comments in this post)
No one has commented so far, be the first one to comment!