In sanità è implicita la necessità di un progressivo ripensamento dei servizi in cui è articolato il sistema per due motivi principali: la trasformazione del quadro epidemiologico (età, capacità di cura delle malattie e via discorrendo) e i problemi economici con fasi ormai cicliche di recessione e espansione. Questa riorganizzazione deve agire con modifiche strutturali, rimodulazione degli spazi in cui opera la diagnosi e la cura, investimenti di riqualificazione. Se questo ripensamento viene meno cosa succede? Si verifica un paradosso: l’abbattimento degli investimenti nelle tecnologie e nelle infrastrutture si risolverà in una vera e propria ipoteca sul futuro, perché verrà contratto un debito sommerso che emergerà nel tempo. In sostanza risulterà sempre più chiaro l’invecchiamento e la non usabilità sia delle strutture che delle tecnologie usate dal Sistema Sanitario Nazionale. Non ripensare ed investire oggi nel sistema di diagnosi e cura vuol dire rompere la sostenibilità futura, oltre al fatto che non è possibile sviluppare nuove modalità di servizio lasciando invariate le attuali strutture
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Un medico, di norma inizia a lavorare in ospedale verso i 30 anni – molto spesso anche più avanti. Questo perchè la sua formazione normalmente dura 10-11 anni da quando esce dalla scuola media superiore, a cui si aggiunge un anno di leva (almeno noi per cui la leva era obbligatoria). Tenendo conto delle nuove norme che graziosamente il Governo sta emanando, andrà a finire che ad esempio chi lavora nella branca chirurgica dovrà stare in sala operatoria almeno fino a 70 circa, età in cui come è noto la freschezza del gesto chirurgico è sublime. Ma anche chi lavora nelle rianimazioni, nei pronto soccorso, nelle ambulanze potrà dimostrare a questo punto la propria arte e la propria capacità fisica e psicologica fino a tarda età. Grazie a Dio potremo anche contare sul fatto che l’anno di leva e il tempo della formazione non entreranno più nel conteggio pensionistico. Per rendere meno amara la consapevolezza che chi ci governa non sa nulla del nostro lavoro, dobbiamo riconoscere che altri aspetti ci vengono incontro. Innanzitutto il posticipo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), per proseguire con il blocco degli stipendi già in atto e quello del turn over, grazie a cui chi va in pensione non viene sostituito da nessuno. E continuando nei ringraziamenti si possono sottolineare i tagli feroci che il sistema sanitario tutto sta subendo con impoverimento di uomini e mezzi, la sempre maggiore precarizzazione dei gioveni medici – e non solo -. Insomma, le scuole di Medicina dovranno inculcare un nuovo obbiettivo, una nuova “missione” dell’arte medica che non è più il prendersi cura delle persone in stato di malattia, ma quello di esercitare la propria arte come puro esercizio di masochismo.