Quale può essere il ritorno economico di imprese scientifiche come ad esempio il sequenziamento del DNA? Sull’edizione italiana dello Scientific American sono riportati i dati di un rapporto pubblicato a giugno dal Battelle Memorial Institute di Columbus sui benefici economici per gli Stati Uniti riconducibili al Progetto Genoma. Si scopre così che dalla data di inizio del progetto, il 1988, il beneficio ammonta a circa 1000 miliardi di dollari: per ogni dollaro pubblico investito in questo progetto, sono stati immessi nell’economia statunitensi 178 dollari.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Il sito Dibattito Scienza nasce da un gruppo Facebook con lo stesso nome che, partito pochi giorni prima delle primarie del centro sinistra, è riuscito ad aggregare oltre mille tra ricercatori, insegnanti, giornalisti, docenti universitari, blogger e semplici cittadini, accomunati da un forte interesse per l’interazione tra scienza e politica nel senso più nobile del termine. Dalla collaborazione di queste persone sono nate sei domande su temi scientifici che sono state sottoposte ai cinque candidati, i quali hanno tutti risposto, dimostrando che la sensibilità verso questi temi incomincia a crescere anche da noi e trova spazio nell’agenda politica. Il sito – come il gruppo – vuole replicare in Italia l’esperienza di Science Debate, l’iniziativa americana che da anni invita i candidati alla Presidenza degli Stati Uniti a esprimere il proprio punto di vista su temi legati alla scienza, alla tecnologia e alle politiche della ricerca. Dal cambiamento climatico alle politiche sanitarie, dalle questioni di bioetica alle mappe sismiche, fino ai piani energetici, negli anni a venire la politica dovrà elaborare programmi per affrontare problemi che richiedono solide competenze scientifiche e capacità di adottare decisioni razionali e competenti, non dettate dalla convenienza personale o dalla ricerca del consenso. Il fine ultimo della nostra iniziativa è dunque far entrare nel dibattito politico l’approccio razionale alla risoluzione di alcuni problemi, tipico della ricerca scientifica, attraverso domande mirate e specifiche ai candidati delle prossime elezioni politiche ed eventualmente delle primarie, per quei partiti o movimenti che le adotteranno. Le domande saranno formulate da tutti coloro che vogliono contribuire al dibattito, e tratteranno i temi propri della scienza.
Dibattito Scienza rimarrà in attività anche dopo le elezioni, come “sentinella delle promesse” o delle dichiarazioni dei politici, in modo da aggregare i ricercatori, i comunicatori e chiunque voglia intervenire, e dare loro strumenti per l’interpretazione della realtà politica lontani dal chiacchiericcio quotidiano.
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I candidati alle primarie del centrosinistra hanno risposto a sei domande riguardanti le politiche della scienza e della ricerca proposte da un gruppo di blogger, giornalisti, cittadini e ricercatori. Le risposte su fecondazione assistita, ogm, energia e altro ancora, possono essere lette sul sito de “Le Scienze” cliccando qui
L’ultimo numero di Scientific American ha un editoriale dal titolo che dice già tutto: “I futuri posti di lavoro dipendono da un’economia basata sulla scienza”. Messaggio molto semplice, ribadito in modo ancora più diretto nelle prime righe dell’articolo: “metà della crescita economica degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale è venuta dal progresso scientifico e tecnologico”. Nei giorni scorsi, il New York Times ha ribadito lo stesso punto: “La scienza è la chiave per la crescita”. (…) E da noi? Da noi si parla molto di meritocrazia e di eccellenza, e non c’è politico che non si professi grande sostenitore della ricerca, ma se si volesse capire in concreto cosa hanno in mente i vari schieramenti per tradurre le belle intenzioni in fatti, si incontrerebbero molte difficoltà. La realtà concreta parla di continui tagli alla ricerca e alla formazione, e il dibattito pubblico sui temi scientifici è pressoché inesistente, dominato da soluzioni miracolistiche o da posizioni emotive, più che dall’analisi critica. Bisognerebbe incalzare la nostra classe dirigente sui temi della ricerca, magari pretendendo qualche risposta puntuale alla critica giustamente spietata espressa nell’ultimo numero di Nature. È anche dall’attenzione dedicata alla scienza che si misura la distanza abissale tra il livello del dibattito politico nel nostro paese e nelle nazioni avanzate.
Finanziare la ricerca è un “mantra” che sentiamo spesso ma di cui, forse, non siamo del tutto convinti. In Gran Bretagna qualcuno si è posto il problema e ha cercato di capire perchè, quanto e come. Succede che l’Istitute of Physics (Iop) del Regno Unito, che raggruppa i ricercatori di quella branca, chiede alla Deloitte, il più grande consulente manageriale al mondo, di essere passata al setaccio e di analizzare il peso della Fisica nei diversi settori produttivi del Paese. Dalla manifattura tessile, metalmeccanica, all’industria estrattiva passando per le telecomunicazioni capire attraverso gli acquisti, il consumo di beni, servizi, i salari e quant’altro capire il contributo al’economia in tempi di razionamento delle risorse per poter avere cosa e come la politica deve fare nei confronti di una scienza alla fine considerata non così rilevante e facilmente sacrificabile rispetto ad altri aspetti dell’economia. Il quadro restituito da Deloitte dovrebbe far riflettere anche la politica nostrana sul come far uscire dal loop recessivo anche economie deboli come la nostra. I dati forniti da Leopoldo Benacchio su “Nòva” non ammettono molte repliche: la fisica contribuisce all’economia inglese con 90 miliardi € che salgonoa 270 considerando l’indotto; fa lavorare direttamente più di un milione di persone che salgono a 3.9 milioni con l’indotto. In totale il suo peso è considerato più importante del settore delle costruzioni. E per ciò che riguarda il nostro Paese basterebbe fare l’esempio dela costruzione dell’LHC di Ginevra dove le nostre industrie manifatturiere hanno ricevuto commesse per un importo equivalente a circa il doppio di quanto l’Italia ha versato al Cern. Questa è la serietà con cui dovrebbe confrontarsi la nostra capacità di decisione politica: ricordiamocelo!
Il Post riporta un duro editoriale della prestigiosa rivista Nature sui rapporti tra Scienza e Politica in Italia.
“La scienza è soggetta a un sospetto irrazionale in molti paesi, ma in Italia c’è la percezione che la scienza non abbia alcun peso: una condizione dovuta a decenni di pochi finanziamenti e disprezzo da parte della classe politica. L’Italia investe appena l’1,26 per cento del suo prodotto interno lordo nella ricerca e nello sviluppo (R&D), rispetto alla Germania che investe il 2,82 per cento e alla media del 2 per cento dell’Unione Europea. Nel 2009, in Italia erano impiegate a tempo pieno solo 226mila persone nel settore R&D, mentre in Germania erano 535mila. Il sistema soffre da tempo della mancanza di soluzioni per favorire il merito, cosa che favorisce il clientelismo per ottenere incarichi e promozioni in ambito accademico. I responsabili delle istituzioni di ricerca sono diventati tali spesso per indicazione politica e non per le loro competenze”.
Le cose non sembrano migliorare nemmeno in tempi di governo tecnico per le continue giravolte del Ministro Profumo, che solo ultimamente ha deciso di dialogare con i ricercatori creando una consulta degli enti di ricerca.
Colpisce la chiusura dell’intervento di Nature: “È cruciale in questo momento che i responsabili degli istituti di ricerca siano lasciati in pace per portare a compimento la riforma, e che la scienza non cada vittima – ancora una volta – di politiche poco trasparenti. Costruire il rispetto per la scienza richiede tempo”
Il problema non è essere d’accordo, il problema è esserne convinti nel profondo e riportare nell’agenda politica la scienza e la ricerca come questioni dirimenti per il futuro dell’Italia.
Marco Cattaneo sul suo blog di “Le Scienze”, racconta la storia della ricerca di Séralini che ha rilanciato il legame tra gli organismi geneticamente modificati (Ogm) e l’insorgenza di tumori. Non solo una bufala, ma un costume ormai largamente presente nel costume nazionale in cui si parla di scienza senza leggere i dati (e gli articoli, anche pseudoscientifici)
(…) Non appena il lavoro di Séralini e colleghi è stato disponibile alla comunità scientifica, però, si sono scatenate enormi polemiche. La quasi totalità degli esperti si è detta scettica sul design dell’esperimento, sul ceppo di topi scelto per l’esperimento, sulla durata dello stesso, sui metodi di analisi dei risultati, persino sulla selezione delle fotografie pubblicate (ci sono le foto dei topi trattati che hanno sviluppato tumori ma non di quelli di controllo…), sul metodo di analisi statistica, sul cherrypicking, ovvero la scelta accurata dei dati ritenuti rilevanti ai fini di dimostrare ciò che si vuole dimostrare. Insomma, secondo la comunità scientifica l’articolo di Séralini e colleghi non ha le caratteristiche della “buona scienza”, e secondo alcuni non dimostra proprio nulla. Alcune reazioni rilevanti le trovate sul sito del Science Media Centre britannico (sì, lì hanno un Science Media Centre, giusto per segnalare l’abissale distanza che ci separa dai paesi civili e avanzati…). E una discussione davvero ricca dei dettagli dello studio, delle critiche e delle controreazioni è in corso sul forum biofortified.org. Altre critiche sul fronte dell’analisi statistica piovono su Stats Chat. (Se vi fate un giro in rete ne trovate ormai a centinaia, di critiche pesantissime e articolatissime nel merito scientifico allo studio in oggetto.) (…)
Un’esperienza comune è quella di vivere in un mondo sempre più complesso, di difficile lettura e ancor più di difficile “risoluzione”. Se pensiamo poi che tentiamo di giostrarci ogni giorno tra innovazione tecnologica, interessi economici, etica delle decisioni da prendere e via discorrendo, ci potrebbe assalire un certo sconforto e la voglia di mettere la testa sotto la sabbia. E veramente, a volte senza rendercene conto, lo facciamo quando affidiamo la complessità del nostro vivere e delle decisioni da prendere su guerra, pace, nucleare, genetica, eutanasia a una classe di persone incapaci di affrontare questi argomenti e davvero poco preparate a maneggiare e scegliere il nostro futuro scientifico, tecnologico, economico, medico, filosofico: quella che di questi tempi chiamiamo “casta”. Con l’aggravante che questa impreparazione, questa inettitudine si riflette su di noi, ci influenza e tramortisce. Anche se, come ho annotato da qualcuno che non ricordo, questi decisori politici “sono quel che sono perchè noi siamo quel che siamo”. L’augurio è chiaramente quello di superare questa palude. Ma come? Se è vero quello che abbiamo detto prima, bisogna iniziare semplicemente a cambiare, mutare noi stessi: questo è il vero augurio che faccio a me stesso e a tutti voi. Solo affrontando la complessità di ogni giorno, rimanendo curiosi verso soluzioni nuove, attraverso scelte coraggiose possiamo comprendere di più il nostro mondo e scegliere soluzioni e soprattutto persone che riconosciamo preparate ed in grado di andare oltre i limiti dell’attuale povertà non solo economica. Se saremo più svegli e avremo la volontà di attrezzarci meglio in prima persona, sarà un gioco da ragazzi smascherare l’incapacità di individui che si candidano a prendere decisioni importanti per il nostro futuro senza esserne all’altezza e solo per tornaconto personale…
Un convegno ricorda il contributo della comunità scientifica al Risorgimento e allo sviluppo sociale ed economico del nuovo Stato. Cogliendo l’occasione per lanciare una proposta per far uscire la cultura scientifica dal ghetto in cui spesso è confinata oggi in Italia. Continua a leggere su Le Scienze
Margherita Hack ha profondamente ragione. Lo dico come antinuclearista da sempre. La sostanza del suo discorso è che questo nucleare è troppo pericoloso, inapplicabile,costoso e poco democratico. Ma tutto ciò non deve assolutamente bloccare la ricerca scientifica, anche quella nucleare. Perchè se un domani la fusione fredda, il nucleare al torio o altri sviluppi simili raggiungeranno la possibilità di produzione di energia in maniera sicura e senza scorie, non vedo perchè non dovremmo sfruttarla. Questa è l’insidia che è necessario sottolineare e su cui bisognerà comunque lavorare dopo, con o senza la vittoria del referendum. Questo non è un referendum contro la scienza e le sue applicazioni, sia chiaro a tutti. Perchè proprio la ricerca scientifica sarà l’unica possibilità dataci per affrontare il futuro. Refrendum SI, dunque e soprattutto per migliorare la ricerca. Perchè questo è un referendum, tolta la tara, per la riaffermazione dei beni pubblici, beni comuni a cui nessuno, negli ultimi anni sembrava più credere.