Sergio Chiamparino, in un suo editoriale pubblicato su Lettera 43, sostiene che il Pd debba allearsi con Vendola e Di Pietro. Il ragionamento viene fuori dall’analisi dei risultati dell’ultima tornata elettorale che vedrebbe nei fatti fuori gioco il mai compiuto terzo polo, estremamente deludente nei numeri e ondivago nelle alleanze. Il tutto viene completato dal fatto che i referendum avrebbero dimostrato la volontà generale di “voler riaffidare alla spesa pubblica ed alla fiscalità generale il compito di trainare e governare il sistema”. Sergio Chiamparino è chiaramente un politico accorto ed intelligente e svolge il discorso con più eleganza di questa semplificazione, ma la somma del discorso è questa. Credo però che dovrebbe prestare maggiore attenzione a piccole insidie che si nascondono nelle pieghe del risultato, iniziando dall’analisi più puntuale dei numeri senza scorciatoie e approssimazioni. (altro…)
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Segnalato da Gianluca Susta, riprendo il link ad un articolo molto interessante di Dario Di Vico pubblicato sul Corriere della Sera che parlando delle scelte del Pd sul lavoro, inquadra alcuni termini importanti del discorso che si sta svolgendo a sinistra.
In più riprese in passato si è sviluppato un movimento politico-culturale autodefinitosi lib-lab e che ha cercato generosamente di conciliare le due culture, la liberale e la laburista. Non ha conosciuto mai grande successo ma quel tipo di esercizio non andrebbe comunque disperso, perché se i problemi sono laburisti, nell’ economia di oggi – e con le scadenze che attendono il nostro Paese – le soluzioni continuano ad essere liberali.
Questa “querelle” su candidati del Pd che hanno in passato pagato qualche debito alla giustizia, non mi appassiona più di tanto. Eppure chi si occupa di politica, in questo caso versante centrosinistra, è spesso coinvolto nella domanda se sia o meno giusto candidare queste persone nelle nostre coalizioni. Personalmente sono un seguace di Beccaria – quello dei delitti e delle pene – per cui chi ha pagato certi debiti ha i conti a posto come chiunque altro. In politica, però, chi viene candidato deve anche assolvere ad una funzione di esempio e di guida che non posso riconoscere a queste persone. (altro…)
Qualcosa si sentiva, ma le voci erano molto riservate. Salvatore Cannavò su “Lettera 43” mette però nero su bianco i rumors sulla costruzione di un’area con profilo socialdemocratico nel Pd che riconoscerebbe Sergio Cofferati come organizzatore e che si appresterebbe già il mese prossimo ad uscire allo scoperto anche solo attraverso qualche seminario di lavoro. Famiano Crucianelli, Paolo Nerozzi e Guglielmo Epifani sembrano essere gli altri animatori dell’ipotesi laburista/socialdemocratica, recentemente anche rinfrancati dalla ripresa della Spd tedesca dopo le elezioni di Amburgo (altro…)
Il ritorno di Roberto Rosso nella casa di Papi è, a mio modo di vedere, paradossalmente una buona notizia per le truppe di Futuro e Libertà. Meno, probabilmente, per il Pdl, Enzo Ghigo e le ambizioni dell’Assessore Coppola nel ruolo di sfidante alla poltrona più alta del Palazzo Civico torinese. Per una volta lo scompiglio avanza nel centrodestra e le elezioni sotto la mole potranno davvero essere solo perse dal centrosinistra subalpino. (altro…)
Si dirà tutto il bene o il male possibile sul discorso di Walter Veltroni nella sala gialla del Lingotto a Torino. Ciò che però appare immediatamente chiaro è che l’ex segretario del Partito Democratico ha costruito un frame, una cornice possibile all’interno della quale costringerà ora al confronto il partito stesso. Oltre al fatto che questa costuzione potrebbe essere quella che potrà portare fuori dalle secche lo stesso Pd, arenatosi da più di un anno in un rincorrersi astratto di dichiarazioni dove vale tutto ed il contrario di tutto. Questa è l’impressione a caldo che emerge, soprattutto dopo l’intervento di Bersani che non è uscito da quella cornice, ma ci si è adattato senza altre divagazioni o rilanci. Ad oggi, infatti, quella di Veltroni sembra essere l’unica proposta compiuta che riporta il Partito Democratico alla discussione esterna, alla proposta larga al di fuori delle lotte intestine che hanno caratterizzato questo ultimo periodo. (altro…)
(…) Quello che rimane a fare la differenza, e a rendere debole il partito più forte del centro sinistra, è un dato di fatto che Bersani fa solo finta di non sapere: ai suoi possibili alleati, Di Pietro e Casini, non importa vincere. Anzi, in qualche modo perdere consente loro di continuare a rappresentare qualcosa di concreto. (…)
Il documento dei veltroniani dovrebbe essere questo
La crisi politica del centrodestra è arrivata ad un punto di non ritorno. Dopo la rottura del Pdl, Berlusconi ha davanti a sé due strade: aprire la crisi di governo e invocare le elezioni, al caro prezzo di dover ammettere il fallimento politico della più consistente maggioranza parlamentare della storia della Repubblica; o tenere in piedi il governo e la legislatura, ma al prezzo non meno alto di legittimare la presenza determinante, nella coalizione di centrodestra, di una forza e una leadership che si collocano in modo esplicito su una linea politicamente e culturalmente autonoma.
Qualunque sarà la scelta, è chiaro che si va concludendo un ciclo storico, quello segnato dall’egemonia sul centrodestra e sul Paese del populismo berlusconiano, che ha dimostrato in questi anni una indiscutibile capacità di rappresentanza di una parte larga e tendenzialmente maggioritaria della società italiana, ma non è riuscito a trasformarla in azione di governo all’altezza dei problemi del Paese, adeguata ad affrontare in modo risolutivo i nodi che ostacolano lo sviluppo dell’Italia. (altro…)
Su questa faccenda di Gianfranco Fini e di Futuro e Libertà credo che i commentatori politici più accreditati stiano prendendo l’ennesimo granchio. Non credo infatti che Fini stia inseguendo velleità di neocentrismo: da politico esperto qual è sà bene che è da almeno quindici anni che ci tentano e regolarmente vengono legnati dagli elettori. Credo invece che il tentativo sia più simile a quello avvenuto in Francia, dove una seconda destra legata ai temi della legalità ed anti plebiscitaria (qui Berlusconi, lì l’ombra lunga di De Gaulle) ridisegna la cornice politica. In sostanza vedo poco Fini che corteggia Rutelli o Cesa. Semmai il contrario. Con la possibilità tutt’altro che teorica che una nuova destra del genere svuoti la pancia del partito del predellino berlusconiano, come anche peschi postideologicamente anche in qualche sacca di centrosinistra ormai stufa dell’inadeguatezza dell’azione del Partito Democratico.
Ne sentiremo di tutti i colori su questa storia di Fini e Berlusconi. Il quadro che ci appare, però, sembra più essere quello della fine del bipolarismo così come l’abbiamo conosciuto. Non è escluso che questa implosione dalle parti della destra non abbia similitudini anche a sinistra, anche se sotterranee e apparentemente meno clamorose dato il ruolo di opposizione. Basterebbe solamente richiamare le recenti fibrillazioni avvenute nel panorama europeo degli eletti italiani, dove sembrano riaffacciarsi gli spettri di DS e Margherita che, comunque, tengono in piedi le rispettive “aziende” economiche a cui affluiscono diversi finanziamenti e costituiscono ancora delle cassaforti certamente non vuote. Il dato rimane lo stesso: la fine del bipolarismo con una stagione di nuove formazioni intermedie in grado di unirsi o dividersi formando nuove aree politiche con capacità numerica diversa rispetto al quadro attuale ed in grado di sperimentare governi diversi a livello nazionale ma soprattutto locale. Dal mio punto di osservazione, spero che invece il centrosinistra possa ricompattarsi e trovare quel minimo comun denominatore che da solo finora non ha trovato – e forse cercato con la dovuta forza.