Oscar Giannino è un intelligente liberista non sospetto di simpatie sinistreggianti. Intervenendo sull’attuale discussione intorno alle nuove norme sul mercato del lavoro, segna con matita rossa almeno due punti importanti che rappresentano a suo avviso errori nell’impostazione dell’esecutivo di Monti: la bassa correlazione tra minore flessibilità all’entrata e maggiore in uscita e il mancato abbattimento del cuneo fiscale, che ci dà più bassi salari al più alto costo complessivo. Qui l’intervento su Chicago-blog
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Giusto per capire dove va il mondo, mi è capitata sotto mano questa slide del sondaggio di Ballarò dove risulta chiaro cosa sta accadendo. In sostanza il Governo di Mario Monti sta mietendo vittime o consensi nella parte destra della figura, quelli della fotografia di Vasto per intenderci. Non c’è da stupirsi più di tanto, data l’incapacità dei tre leader di Pd, IdV e Sel non solo di trarre vantaggio dall’evidente difficoltà del centrodestra dell’ultimo scorcio del 2011, ma di costruire anche successivamente un’idea politica tale da indicare una via d’uscita dalla crisi, un’idea di futuro su cui ricostruire un Paese importante come il nostro. Così, quando finirà il governo “tecnico”, sapremo chi dovremo ringraziare per il successo che le nuove proposte politiche otterranno dagli italiani, stufi di una certa idea approssimativa, inefficace e inefficiente della politica. E, a differenza di altre volte, i numeri, cioè la realtà, faranno male…
La questione delle liberalizzazioni più o meno mancate svela diversi paradossi che vanno al di là dell’argomento. Diversi eponenti politici le avrebbero volute, ma non sono state in grado di farle a tempo ed ora pur avendone la possibilità. Così come chi si dimostra oggi molto pugnace contro le lobby, in passato le ha assecondate e ne è rimasto impigliato anche solo per semplici rendite elettorali. Ma il paradosso più lampante è che un Governo tecnico, che dovrebbe essere svincolato dalla ricerca del consenso, trova una insormontabile difficoltà nel metterle in atto. Sia chiaro: è necessario avere il voto favorevole di quelle forze che ieri non sono riuscite a realizzare i provvedimenti oggi al vaglio del passaggio parlamentare. E infatti il paradosso non sta qui. La lezione che viene fuori è quella che tra le righe coglie Dario Di Vico sulle colonne del Corriere della Sera: “ e allora se il governo ha dovuto, almeno per ora, ritirarsi il motivo è sempre lo stesso, i modernizzatori non hanno un “popolo” da mobilitare mentre le lobby fanno presto a minacciare la paralisi del traffico o dell’aspirina. Un altro vero paradosso, nel preciso momento in cui Mario Monti e la sua squadra vengono accusati di essere a loro volta i paladini, gli esecutori materiali degli interessi, appunto, delle lobby. Ma ritornando alle considerazioni di qualche riga sopra, questo è esattamente il compito che ci proponiamo come Piemonte al Centro, da alcuni, giustamente, considerato un avamposto politico di Italia Futura, cioè mobilitare e dare voce al popolo dei “modernizzatori” che pensano all’Italia come una grande Paese bloccato da interessi corporativi da superare nel più breve tempo possibile per far spazio a tutti coloro che attraverso la capacità e il merito vogliono far uscire dal pantano e mettere in moto le energie presenti oggi nel Belpaese. Un paradosso anche questo, dopo anni in cui ci siamo cullati nell’idea che non c’era bisogno di essere diretti da chi ha più capacità, rettitudine, merito.
“Non occorrevano professori. E’ verissimo. Ma perché non le avete fatte voi queste cose? Perché [...] il sistema politico incartato in un bipolarismo ad alta concentrazione di conflitto aveva determinato che se gli uni volevano un timido accenno di imposta patrimoniale gli altri lo bloccavano; se gli uni volevano una riforma strutturale delle pensioni gli altri lo bloccavano; se gli uni volevano un po’ di liberalizzazioni gli altri lo bloccavano e tutti quanti tornavano poi indietro. Eravate paralizzati. Se no non saremmo arrivati noi, non ci avreste chiamato “. Mario Monti
Nella pancia del Partito democratico c’è una nuova, robusta, combattiva e ambiziosa creatura politica che sta prendendo forma con una velocità sorprendente, e che da qui alla fine della legislatura cercherà di conquistare sempre più spazio all’interno del centrosinistra.
Claudio Cerasa sul Foglio ci racconta la storia di una nuova corrente del Pd, che dal Pd se ne vuole andare.
Pur nella difficoltà che gli italiani in generale hanno nel far propria la manovra, credo che abbia ragione Marcello Sorgi quando afferma che i cittadini del nostro Paese alla fine hanno maggiore fiducia nel ritrovarsi davanti ad un quadro completo, una manovra definita, rispetto ai mille emendamenti e variazioni che si prospettano da parte dei politici. Una medicina amara, certamente, ma almeno una medicina vera e non una semplice aspirina diluita in centro litri d’acqua.
Ciò che noi riteniamo fondamentale è il cambio di passo che si è verificato: dare una nuova prospettiva per il nostro futuro nel momento in cui il personale politico italiano non riusciva più ad elaborare nessuna visione per il domani del nostro Paese.
La diversità di questa manovra consiste nella ricerca del rigore, dell’equità e della crescita non nei singoli provvedimenti – che a turno possono essere letti come iniqui o insufficienti – ma nel quadro complessivo, nell’insieme del sistema, con una modalità, oserei dire, strutturale e non episodica e di corto respiro. Senza ad esempio condoni e scudi fiscali. (altro…)
Se qualcuno non l’avesse compreso oggi Silvio Berlusconi, con il suo intervento al convegno di Verona organizzato dal centro di Giovanardi, ha aperto la rincorsa del Pdl per le prossime elezioni che non si immaginano lontane. La strategia appare abbastanza semplice: far attuare a Mario Monti le misure necessarie per mettere in sicurezza l’Italia e, sull’onda dell’inevitabile malcontento che monterà, staccare la spina al Governo e riproporre una coalizione in grado di battere un centrosinistra nel frattempo sfibrato da divisioni interne e dall’appoggio stretto a Monti. Ragionevolmente si pensa ad una campagna elettorale che si concluderà nell’estate prossima con un voto in condizioni politiche prevedibilmente alquanto confuse.
Molto si è detto ultimamente sul fatto che Mario Monti abbia occupato uno spazio politico ancora poco strutturato e diversamente affollato, arrivando a teorizzare l’uscita di scena di calibri quali Luca Cordero di Montezemolo o di Matteo Renzi. Tutto ciò non tiene però conto di alcuni semplici fatti, quali ad esempio l’impegno a termine, più volte ribadito, del neo Premier e l’impossibilità degli attuali partiti di ripresentarsi così come sono un minuto dopo che Mario Monti e la sua squadra rimetteranno il mandato. (altro…)