Nell’impasse generale qualcosa si muove soprattutto riguardo uno dei veri nodi di questa “strana” legislatura. Stefano Esposito (Pd) ha promosso insieme a Francesco Verducci e Gianluca Susta, un disegno di legge per l’abrogazione dell’attuale “Porcellum” ed il ritorno veloce al precedente sistema, il “Mattarellum” che prevede un sistema maggioritario misto per l’elezione dei Parlamentari assegnando il 75% dei seggi attraverso collegi uninominali (e il restante 25% con liste proporzionali). Ed è proprio la necessità di “fare presto” che ha convinto i proponenti a rompere gli indugi e riproporre quello che in fondo moltissimi italiani auspicano. Nelle stesse parole di Esposito “ovviamento non è il migliore sistema in assoluto, ma è sicuramente la cosa più rapida che si possa fare”. “I recenti risultati elettorali che ci hanno condotti in una situazione di ingovernabilità” – continua Esposito – ”confermano come l’attuale legge basata su liste bloccate e due diversi premi di maggioranza a Camera e Senato è una ‘porcheria’ che non può più in alcun modo essere difesa: una legge costruita appositamente per impedire una vittoria elettorale netta ha reso possibile l’affermarsi di un paralizzante tripolarismo. Se davvero tutte le forze politiche sono convinte, senza riserve mentali, che la vera priorità della XVII legislatura (indipendentemente dalla sua durata) sia la riforma elettorale, allora non serve inventarsi tavoli di lavoro coinvolgendo gli sherpa dei vari partiti in estenuanti quanto inconcludenti negoziazioni.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Una proposta sensata sul finanziamento pubblico dei partiti ci arriva da Gianluca Galletto intervistato da Lettera 43. Derivata dal sistema della città di New York, l’idea è un mix tra finanziamento pubblico e privato che garantisce uguale opportunità a tutti senza lasciare che la politica rimanga un privilegio dei ricchi ma, anzi, un vero strumento per allargare la partecipazione dei cittadini nei processi democratici. In sostanza il candidato – non il partito – può chiedere o meno il finanziamento pubblico per la campagna elettorale, con un vantaggio se sceglie quest’ultimo. Per ogni dollaro – o euro nel nostro caso – dato da un sostenitore, la città – o lo Stato – offre al candidato un contributo di 6 $ con un tetto di donazione individuale di 175 $. Il limite serve a non permettere la raccolta di singoli “portatori di interessi” che potrebbero condizionare in manera pesante il sistema. Ad esempio se si raccolgono 1000 $, la città non ne aggiunge 6000, ma 1050 perchè viene rispettato il limite dei 175 $. Il tutto viene combinato con un tetto di spesa di 3 milioni e mezzo. Il controllo di tutto il processo è a cura di una commissione elettorale bipartisan, il board of elections, che commina sanzioni molto severe, non esclusa la decadenza dall’incarico elettivo. Tale sistema ha come obiettivo di incnetivare la raccolta attraverso piccole donazioni da molti soggetti piuttosto che grandi finanziamenti da chi è portatore di interessi particolari. Galletto, che è stato un coordinatore di una organizzazione per la raccolta fondi della campagna di Obama, racconta come tale sistema abbia portato alla costruzione di diversi eventi con vendita soprattutto di biglietti di partecipazione a 150 dollari e meno a cifre maggiori che eccedevano il limite imposto. Una sorta di responsabilizzazione dei candidati stessi che hanno dovuto raccogliere soldi in giro creando un rapporto candidato-elettore finanziatore diretto. Da adattare e pensarci seriamente, sempre che la nuova legge elettorale – sempre che venga fatta – veda nuovamente protagonisti i cittadini nello scegliere nella cabina elettorale chi li rappresenterà.
In alcuni resoconti web, emerge che esiste una regia a due nella trattativa per la nuova legge elettorale. Gli sherpa sarebbero Denis Verdini (lato B) e Maurizio Migliavacca (Lato Ohè ragassi). Sicuramente due politici navigati e di esperienza, completamente fiduciari dei rispettivi leader e profondi conoscitori siadelle regole elettorali che delle rispettive pance di partito. Poco si sa di cosa si dicono quando si incontrano, ma sembra che la stima sia reciproca. Il problema, forse, è proprio che nessuno ne sa molto di cosa si raccontano e che lasciare in mano ai due “expertiseé” una materia che certamente riscuote l’interesse di almeno una ventina di milioni di italiani non sembra una grande mossa. Insomma, anche per la legge elettorale potremo contare sul nuovo che avanza. Dalla volta scorsa…
In sostanza sta succedendo questo: qualcuno, all’interno del Partito Democratico, vorrebbe proporre un referendum per la modifica della legge elettorale. Dopo qualche giro di opinioni diversi maggiorenti dello stesso Partito, compresa la sua Presidente, pensano che l’idea poi non sia così male. Comunque ci pensa il Segretario dello stesso Partito a rimettere le cose a posto: “Mi stupirei se i dirigenti del Pd promuovessero un referendum” dice – “il Pd non promuove referendum, perché si tratta di strumenti della società civile. Il Pd può appoggiare un referendum, ma non promuoverli se vogliamo avere un buon equilibrio tra partiti e società civile”. Appunto. Ma è triste.