Ieri sera, partecipando ad una discussione televisiva sul Governo Monti, ho sentito la rappresentante della Lega inveire contro l’esecutivo dei tecnici con colpo di Stato annesso. Le ho semplicemente ricordato che la Regione Piemonte guidata da un Presidente leghista ha affidato l’80% del bilancio regionale, ovvero la gestione dell’Assessorato sanità, ad una persona che faceva il manager dell’Iveco. Un tecnico. Così vanno le cose del mondo.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Iniziano i primi “scossoni” della nuova geografia politica del dopo Berlusconi. In Piemonte, infatti, la componente del Pdl che fa capo ad Angelo Burzi, Vito Bonsignore e Maria Teresa Armosino colpisce di slancio la palla lanciata da Maroni e dichiara che: “ tra noi e la Lega si apre una pagina biancae, a partire dagli equilibri della coalizione che governa il Piemonte, vanno riscritte le regole d’ingaggio”, come riportato dal sito web Lo Spiffero. Lo smarcamento della Lega a livello nazionale non poteva infatti che ripercuotersi a livello di governo locale, soprattutto nei contesti dove il Pdl si sente mancare il terreno sotto i piedi e reclama una nuova azione rianimatoria. Al di là del caso specifico, in Piemonte si sta servendo l’antipasto di quella che sarà la discussione nei prossimi tempi a livello locale tra due alleati che oggi ritengono la stretta collaborazione durata quasi un ventennio un motivo che impedisce la crescita dei rispettivi movimenti. Uno dei primi effetti del costituendo Governo Monti inizia quindi a manifestarsi: quello della scomposizione dei poli così come sono stati costruiti negli ultimi quindici anni. Per noi, come Piemonte al Centro-Verso Nord, è la conferma di un’analisi che sosteniamo da tempo e che vede, oltre alla scomposizione dei poli, anche la liquefazione dello schema destra/centro/sinistra che oggi non possiede più una capacità di lettura della realtà, nè la forza delle proposte politiche.
La mossa è fortemente appetitosa: mollare Berlusconi, ultimamente non troppo amato dalla base leghista, rifacendosi una verginità politica proprio sulle pensioni, permettendo così dilimitare i danni alle prossime elezioni. Una Lega che in questo modo cercherebbe di far dimenticare l’opaca prova di governo che non ha guarito l’Italia, che ha impoverito i cittadini, che non ha fatto passi avanti sostanziali sul “monstre” del federalismo. Insomma, camicie verdi di lotta che tentano di rianimarsi tornando all’antico incassando una cambiale alle spalle del Pdl. Ma Berlusconi non è certamente uno sprovveduto e ci aspettiamo che cali sul tavolo verde un altro dei suoi assi. Senza escludere che l’opposizione Udc non corra in soccorso e il Partito Democratico non ricada nell’antica tentazione di far moine, appunto, alla Lega.
Le avvisaglie c’erano e le dichiarazioni dei maggiorenti leghisti sul voto quale “igiene del mondo” non devono stupire. Di fronte ad un consenso sostanzialmente bloccato – e forse in contrazione nei sondaggi – la Lega, che non è boccalona, preme per il voto. Lo stesso “federalismo” è zoppo e lento, la moralità dell’alleato lascia più di un dubbio nei padani doc – non tanto nelle gerarchie – ed allora perchè non frenare la caduta d’immagine, iniziare a declamare il tradimento di Roma e incassare alle prossime elezioni l’indebolimento dell’alleato per trattare il prossimo assetto, in caso di vittoria, da una posizione di maggior forza e dopo essersi scrollati di dosso il terzo socio? E giustamente per capire questa posizione dell’intellighenzia leghista bisogna tenere fermo un concetto che ricorre in molte esternazioni: passa il tempo e non succede nulla. Il tempo è la vera chiave per decrittare i motivi dell’agitazione leghista; e inizia effettivamente a scarseggiare nell’universo degli elettori in verde.