Per un po’ di tempo me ne sono occupato anch’io. Quindi, quando ho sentito all’interno dei diversi notiziari una frase apparentemente buttata là tra le altre, ho avuto un piccolo moto di stizza. “Il fiume si è ripreso il suo alveo” veniva detto e questo mi ha rimandato a quanto mi ripetevano i diversi geologi e ingegneri idraulici: i fiumi, nel giro di circa 50 anni, ritornano a prendersi i territori in cui scorrevano un tempo o in cui sono precedentemente esondati. E’ quasi una legge che chi si occupa di acque conosce. Quindi piantiamola di invocare piogge di tipo tropicale – che pure iniziano ad affacciarsi anche da noi -, fatalità o altre cose del genere e iniziamo invece a prestare maggiore attenzione a chi conosce e studia queste cose. Concedere di costruire dove sappiamo che prima o poi l’acqua arriverà è semplicemente un provvedimento delinquenziale. Continuare a rendere il nostro territorio impermeabile attraverso nuove colate di cemento è criminale. Alzare sponde sempre più alte, non fa che rendere più veloci le acque che non trovano più sfogo altrimenti e quindi non rappresentano una messa in sicurezza del territorio, ma costruire un pericolo costante. E chi sa che all’interno di diverse città come Bologna o Napoli esistono fiumi che sono “tombati” all’interno o meglio sotto quelle città e che prima o poi si riprenderanno il letto in cui scorrevano una volta? Se a Genova c’è un posto che si chiama Foce, non ci viene in mente nessun dubbio di cosa potrebbe lì succedere? E’ davvero triste sentire tante stupidaggini anche a mezzo stampa, ma ancora più triste è vedere che le battaglie di molti amministratori non vengono assolutamente sostenute e conosciute, senza sapere che costa molto meno alla comunità fare bene le cose prima e prevenire, che riparare i disastri dopo. Costa meno, senza tenere conto che ci sono cose che non è possibile monetizzare come la vita delle persone.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro