Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Uno dei punti cruciali che questa crisi sta mettendo a nudo è il nostro tasso di europeismo. Stefano Folli, editorialista del Sole, coglie lucidamente questo punto che va svolto e portato alle estreme conseguenze. Soprattutto nel caso l’attuale Governo dovesse crollare, la nuova maggioranza non si misurerà tanto sulle appartenenze alla destra o alla sinistra, ma su quanto crederà all’europa, alle sue istituzioni e alla possibilità “politica” dell’Unione Europea. E questo sarà un discrimine che attraverserà tutti gli schieramenti, in cui gli euroscettici sono equamente rappresentati e costituiranno un evidente freno. Le riforme da fare non potranno infatti essere il semplice risultato di una richiesta delle istituzioni europee, ma dovranno essere condivise e soprattutto gestite e rese utili per il nostro Paese anche a livello di forza politica nelle sedi decisionali, siano esse la Banca Centrale Europea che lo stesso Parlamento e Commissione europea. Esiste quindi una vera necessità di dichiararsi subito europeisti convinti, quali noi di Piemonte al Centro siamo, e di essere un motore di aggregazione degli europeisti ovunque essi siano – più o meno! -. Nessuna riforma che ci porti a tornare protagonisti nell’attuale cornice della globalizzazione, potrà infatti avere la polvere da sparo bagnata di chi non sente nel profondo l’opportunità che la costruzione di una nuova europa rappresenta per il nostro Paese. Anche questo è comprendere come cambia la politica e il perchè rinchiuderci nelle gabbie chiamate destra e sinistra non ci porterà da nessuna parte. E noi, con Gianluca Susta, crediamo all’Europa.
In Europa è sotto gli occhi di tutti il fatto che i diversi Governi hanno reagito in maniera diversa alla crisi economica puntando, a mio modo di vedere, su strumenti anche sociali. Gran Bretagna, Germania ed altri hanno ottenuto ad esempio una disoccupazione giovanile molto inferiore a quella del nostro Paese continuando ad investire sul cosiddetto “capitale umano”; tutelano meglio il lavoratore tutelando in sostanza meglio il lavoro ad esempio finanziando il lavoro e non la disoccupazione. Certo il panorama d’oltralpe non è tutto rose e fiori ma certamente se la passano meglio di noi. Romano Benini ci indica un’interessante lettura dell’origine di queste politiche scegliendo la strada dell’incontro tra il socialismo riformista e il liberalismo che si sono riconosciute all’interno della famiglia europea del progressismo. (altro…)
Un fiorire di analisi, dati, commenti e qualche ricetta ci ha sommerso dopo le recenti elezioni regionali. Ricambi generazionali, di segretari di partito, bagni – pelosetti – di umiltà, indicazioni sul dove e come “stare con la gente”: non c’è che dire ne abbiamo sentite di ogni sfumatura. Forse l’ha però azzeccata Sergio Chiamparino quando dice che sì, bisogna stare tra la gente, ma sapendo anche cosa dire. E questa osservazione mi colpiva quando, tornando in treno da Roma, mi godevo la lettura di un bel libro che consiglio vivamente edito da Rubbettino: “Jacques Delors: Memorie”, fortunosamente trovato nella libreria vicino a Montecitorio. Perchè per rispondere al federalismo arraffazzonato degli omini verdi, basterebbe conoscere e puntare veramente sull’Europa, sempre più vissuta come luogo lontano ed estraneo, ma in verità vera fucina di nuove idee e campo su cui ci stiamo giocando senza accorgercene il nostro futuro. “La competizione che stimola, la cooperazione che rafforza, la solidarietà che unisce” è il credo di Delors, e basterebbe quasi per creare un programma politico. Basterebbe davvero conoscere dove nascono e vengono discusse le idee che ci governeranno nei prossimi anni, e che non saranno certamente le false crociate contro fantomatici immigrati che otterrebbero cure mediche nei pronto soccorsi prima degli “Taliani”. Pensiamo davvero che i nuovi governatori risolveranno i nostri problemi di lavoro facendo denunciare gli immigrati al Pronto Soccorso o magari attirando i fondi europei nelle proprie terre con seri progetti ambientali, industriali internazionali? Il problema sono le ronde padane o i fondi FESR dell’Unione Europea? Il problema è propagandare la visione dei film posticci su Barbarossa o studiarsi meglio il trattato di Lisbona? E il nostro tramite con l’Europa e con il mondo è davvero Borghezio? Il nostro problema è rinnovare anagraficamente la classe politica o iniziare a guardare il merito delle persone, dare la guida del nostro futuro a persone competenti?
Nel leggere le memorie di Delors si sente un respiro diverso, una costruzione di idee, di leggi come pure di uomini che mirano all’eccellenza e costruiscono la propria personalità politica sull’eccellenza, senza dimenticare le risposte vere ai bisogni delle persone comuni. Studiate, studiate, studiate diceva Gramsci, perchè avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. La vostra intelligenza, non la vostra ruffianeria o la vostra capacità di inseguire gli umori. Perchè, dopo averli denunciati, i problemi vanno risolti. E si risolvono non con la semplice gioventù, ma studiando. Come appunto fece Delors