Un messaggio molto chiaro quello lanciato dalla direttrice dell’International Energy Agency oggi a Roma: nel 2016 a livello mondiale le fonti rinnovabili supereranno il gas e diventeranno la seconda fonte di produzione di energia elettrica dopo il carbone. In sostanza – afferma la direttrice Maria van der Hoeven – nel 2018 le fonti rinnovabili arriveranno a produrre circa il 25% dell’elettricità. Il quadro d’insieme viene completato dai dati del rapporto redatto dallo stesso IEA secondo cui le rinnovabili risultano ad oggi già competitive nelle aree in cui è possibile sfruttarle in maniera intensiva, con l’eolico che si affianca agli impianti a carbone o gas soprattutto in Australia e Nuova Zelanda e il fotovoltaico già vincente in Spagna, Italia, Germania meridionale, Danimarca. Un capitolo di approfondimento riguarda il nostro Paese dove le rinnovabili nel 2012 hanno coperto il 31% della produzione di energia elettrica lorda. Le conclusioni più “politiche” sono ancora più stringenti: lo sfruttamento delle nuove filiere energetiche rinnovabili saranno determinanti per i Paesi già industrializzati e non cogliere l’occasione significherà uscire dal mercato energetico a favore dei PAesi di più recente industrializzazione. E più della metà della crescita del mercato delle rinnovabili nei prossimi 5 anni si giocherà nell’area non Ocse.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Domenica 16 giugno, tra le 14 e le 15, il prezzo di acquisto dell’energia elettrica in Italia è sceso a zero contemporaneamente su tutto il territorio nazionale. Cosa significa? Significa che in quelle 2 ore per la prima volta in Italia le fonti di energia rinnovabile hanno prodotto l’intero fabbisogno di elettricità. Qui sul sito di Qualenergia.it per capirne di più
Potrà anche essere effimero e legato alle circostanze, ma sabato scorso in Germania la metà del fabbisogno di energia è stato soddisfatto dalle fonti rinnovabili. Venerdì era già stato raggiunto il 30% del fabbisogno secondo i dati della European Energy Exchange mentre sabato è stato immesso in rete un valore pari a 22 GWh di elettricità, un primato assoluto mai raggiunto in nessun altro Paese. E anche nella landa teutonica non sono mancate le polemiche sul costo data la generosa incentivazione pubblica che, secondo alcune stime, aumenta di 2 centesimi al KWh la spesa energetica. LA risposta, in breve, è stata secca: l’aumento della produzione attraverso il fotovoltaico ha drasticamente abbassato il picco di prezzo dell’elettricità all’ingrosso in Borsa durante le ore diurne, senza contare le forti ricadute occupazionali ottenute in Germania e gli indubitabili vantaggi ambientali.
La questione ambientale sembra un totem lontano che poco ha a che fare con le prossime elezioni amministrative che si terranno, anche nella nostra città, a metà maggio. Diverse volte, anche nella mia esperienza amministrativa, ho sentito la litania secondo al quale il problema è globale e le amministrazioni locali non sono in grado di affrontarle efficacemente e che la questione deve essere risolta almeno a livello nazionale, se non continentale quando mondiale! Chiaramente non ci ho mai creduto e continuo a non crederci. In realtà proprio in questi giorni di sommovimenti geopolitici vicini e di prezzi del petrolio che si impennano, torna d’attualità la necessità di raccogliere questa sfida anche a livello locale. (altro…)
Supponiamo che si decida di imporre una tassa moderata sugli impianti energetici a carbone per finanziare le sovvenzioni a favore dell’energia solare, per poi aumentare per gradi le bollette dell’elettricità parallelamente all’introduzione degli impianti energetici solari. Ecco cosa succederebbe secondo IlSole24Ore
Sono sempre più chiare le elaborazioni economiche sull’impatto del commercio internazionale delle tecnologie per fonti di energia rinnovabile nei bilanci delle nazioni. Roberto Romano su Economia e Politica arriva perfino a candidare il settore delle clean energy technologies come motore della distruzione creativa schumpeteriana dove una fuoriuscita dalla depressione economica si prevede “solo quando un “grappolo” d’innovazioni riesce a formarsi e si traduce in nuove opportunità di crescita, investimento e profitto, con una crescita del sapere tecnologico”. In sostanza già ora il mercato delle tecnologie “verdi” sta condizionando le strategie di sviluppo internazionali con variazioni delle specializzazioni fin qui conosciute nelle diverse aree. Il nostro problema è che, tra i Paesi europei, l’Italia è quella che, mettiamola così, fa fatica a mantenere competitività nella produzione e commercializzazione nelle tecnologie per fonti rinnovabili. Sempre Romano ci segnala che esiste circa un calo del 30% per l’Italia nella quota di esportazione di queste tecnologie e cresce la quota di importazione di queste tecnologie a causa, soprattutto, dei fallimentari livelli di investimento in ricerca & sviluppo nel settore. Il rischio per il futuro è paradossale sostituendo la “dipendenza” odierna dalle fonti fossili di cui il nostro Paese è sguarnito, a quella ben più pericolosa della dipendenza tecnologica legata alle fonti rinnovabili. Incentivare quindi il consumo di energie pulita, ma insieme sviluppare anche un sistema in grado di produrla non dipendente dall’estero. Eccola vera sfida del nostro sistema-paese.
Il governo getta la maschera e colpisce, mediante la Finanziaria, le fonti di energia rinnovabile. Sono due gli articoli da tenere d’occhio il 15 che impone agli impianti idroelettrici di grande derivazione un nuovo canone e il 45 che cancella l’obbligo da parte del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) di ritirare i Kw in esubero prodotti. Lo smascheramento a favore della costruzione del nucleare e l’abbattimento della produzione delle rinnovabili è dato dal fatto che le misure citate non costituiscono nessun vantaggio per le casse dello Stato, ma al contrario rinunciano ad eventuali gettiti fiscali. L’associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili (APER) segnala inoltre la “forte turbativa che tali provvedimenti creano negli istituti di credito, con conseguente perdita di credibilità del Sistema Paese nei confronti del mondo finanziario”. Inutile inoltre ricordare il colpo inferto allo sviluppo dei Green Jobs, i lavori verdi, che sicuramente perderanno terreno e allontaneranno il nostro Paese dalle possibili 300.000 nuove unità lavorative che si potrebbero immettere sul mercato del lavoro.