La prima scrematura è stata compiuta: pur con il dovuto rispetto per gli altri candidati, restano quindi in piedi Davide Gariglio e Piero Fassino. E il finale non è scontato. Sembra infatit anche delineata la “cornice” all’inteno della quale si muoveranno i due candidati su cui convergeranno le scelte degli elettori del centrosinsitra. Da una parte Piero Fassino nella parte dell’”usato sicuro”, del politico esperto capace di tenere la barra dritta e portare a sponde sicure una città che si interroga su cosa potrà diventare, oltre a permettere una crescita e la formazione senza scossoni di una classe dirigente di giovani che scalpitano senza ancora aver maturato il carisma necessario per proporsi autonomamente ai torinesi. Dall’altra Davide Gariglio che sembra incarnare in proprio quei giovani che reclamano il “cambiamento” ed avendo amturato comunque una certa esperienza politica nei banchei del Consiglio Regionale del Piemonte. (altro…)
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
John Podesta racconta una storia nel suo “l’America del progresso” che dovrebbe far riflettere sulla questione delle primarie di cui si discute negli ultimi tempi specialmente a Torino. Il racconto è ambientato agli inizi del novecento americano tra Bob La Follette, governatore del Wisconsin, riconosciuto campione del progressismo ma di fede repubblicana e Wiliam Jennings Bryan, il “colonnello” senatore democratico – anche se repubblicani e democratici erano certamente meno differenziati di oggi -. Durante un viaggio nel Wisconsin, Bryan aveva chiesto a La Follette a che punto erano alcune leggi ritenute “intelligenti” e decidendo quindi di dargli un aiuto davanti al Congresso degli Stati Uniti. cosa che fece dichiarando di fronte al Congresso stesso che “ lui non temeva che i repubblicani rubassero un’idea ai democratici, ed era disposto senza batter ciglio a lasciar perdere tutte le buone proposte avanzate dal proprio partito se i repubblicani gliele avessero rubate con l’intenzione di trasformarle in leggi”. La Follette racconta poi che il Colonnello Bryan aveva rifiutato di far campagna elelttorale contro di lui alle elezioni del 1902 e che in quell’occasione avrebbe detto: “ Sono interessatissimo alle cose che stai mettendo in atto in Wisconsin e voglio davvero che tu ci riesca, L’esempio del Wisconsin conta ben di più, per il Paese, di qualsiasi vittoria del Partito Democratico nello Stato. Voglio che sia tu a vincere le primarie. Voglio che tu riesca a far passare il tuo programma di riforma della tassazione. E voglio vederti trionfare nella battaglia che stai conducendo contro le grandi società”.
Questa storia della scelta del canidato sindaco per le prossime elezioni amministrative a Torino sta diventando come una delle storie che mio figlio compone per compito in prima media. In sostanza esiste un villaggio in preda ad un sortilegio dopo la morte di un re buono e i cittadini mandano piccioni viaggiatori per reclutare un cavaliere bianco che li liberi dall’incantesimo e riesca a farli vivere felici e contenti. Ma è solo un problema di cavalieri bianchi ed immacolati? Leggendo bene la fiaba è necessario che il cavaliere conosca almeno una formula magica e sia sufficientemente astuto per liberare il villaggio, perchè la sua semplice presenza non basta. Quindi sarebbe meglio se prima di scegliere il cavaliere bianco si stesse a sentire con quale abile astuzia o formula magica il villaggio sarà liberato. Tradotto in linguaggio più prossimo a noi potrebbe essere utile capire quali idee siano necessarie per liberare il nostro villaggio e quindi trovare successivamente il cavaliere bianco più adatto che possa per fattezze ed abilità mettere in pratica queste idee. La sola presenza del nostro eroe, in tempi moderni e complicati, non garantisce un futuro di pace, prosperità e giustizia. O almeno noi appartieniamo a quel clan della favola che se volesse un semplice cavaliere bianco, avrebbe votato dall’altra parte.