Abbattere i costi della spesa sanitaria. Ma non solo. Tentare di rispettare l’organizzazione geografica dei servizi sanitari che ricalca la dispersione della popolazione tentando di non chiudere i servizi nei diversi centri, ma di dare risposte in rete. Benvenuti nella telemedicina, realtà ormai consolidata in vaste aree degli Stati Uniti e del Canada e che continua a non trovare l’adeguata attenzione nel nostro Paese. La cosiddetta “tecnologia di telepresenza” sanitaria ha finalmente un punto di paragone in Italia che ne dimostra la fattibilità e la convenienza non solo economica ma sociale tramite l’esperienza della Ulss 21 del Basso Veronese così come riportato da Nòva 24 de “IlSole 24 ore”. L’investimento iniziale per introdurre la presenza del servizio è stata di 50 mila euro, coinvolgendo un bacino d’utenza di 150 mila abitanti ed ottenendo un immediato risparmio del 50% sui costi di trasferta tra strutture. La struttura su cui poggia il servizio prevede una rete a banda larga con due connessioni da 100 Mb che collega quatto ospedali e fa da dorsale per una serie di servizi che sfruttano la videoconferenza. Attraverso tale sistema si è potuto abbattere gli spostamenti del personale sanitario e dei pazienti, oltre alla condivisione di referti radiografici e di altro genere. Oltre all’abbattimento dei costi sullo spostamento, risulta significativa la riduzione del disagio per i malati che venivano trasferiti tra i diversi ospedali e la semplificazione delle pratiche burocratiche – con i costi collegati di trasporto dei pazienti e un contenimento delle emissioni di gas serra -. Tutto ciò presuppone anche una modificazione di alcune pratiche organizzative del lavoro sanitario che non sembrano essere state critiche. Tenendo conto della realtà dispersa del nostro territorio dove diverse aziende sanitarie sono articolate su più centri ospedalieri e diversi centri abitati, risulta immediatamente attraente l’applicazione di tale modalità che può influire sulla riorganizzazione delle sedi territoriali portando a risparmi consistenti ed al mantenimento di più punti di cura nelle diverse realtà, evitando chiusure totali dei presidi sanitari che lascerebbero sguarnite molte importanti realtà cittadine a cui verrebbero negati diritti di accesso e di equità che ispirano il nostro sistema sanitario nazionale.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Come segnalato da Marco Belpoliti su “La Stampa” di oggi, la Regione Lombardia ha iniziato a consegnare alle persone dimesse dall’ospedale, una nota con la seguente frase: Egregio Signore/a, 3.681,84 € rappresenta il rimborso corrisposto mediamente agli ospedali della Lombardia per il costo sostenuto per tipologie di attività e di prestazioni simili a quelle da Lei usufruite nel corso del Suo ricovero”. Non entro in discussioni sull’etica di questo tipo di iniziative, sul perchè esiste un sistema sanitario nazionale basato sull’universalità, sul perchè chi ha scritto la nostra Costituzione ha sancito quello della salute come un diritto ed altre amenità del genere. Se mi capiterà di essere ricoverato e, spero, dimesso sarà però mia cura inoltrare alla Direzione Generale un messaggio di risposta in cui chiederò a quanto ammonta la cifra che la Regione riceve dai cittadini per tali prestazioni; per quanti anni ho finanziato con il mio lavoro – e quindi con le tasse – il Sistema Sanitario Nazionale; quanto incide il costo degli stipendi da centinaia di migliaia di euro del Direttore Generale, Sanitario ed Amministrativo eccetera eccetera. Solo per far recuperare a queste strutture un po’ di pudore verso i malati che cura.