La Gran Bretagna del liberaldemocratico Clegg, vice premier del conservatore Cameron, si piega alle politiche del welfare e annuncia la disponibilità di un miliardo di sterline per agevolare le imprese che assumono giovani. Lo strumento più importante prevede, per almeno 150 mila persone, il pagamento attraverso le imprese di metà del salario minimo corrisposto a posti di lavoro occupati dalla fascia giovanile della popolazione. La manovra in realtà sembra possa interessare, nella sua completezza, circa 400 mila giovani anche con altre azioni, quali ad esempio il finanziamento per 250 mila destinatari di corsi bimestrali di formazione. Il tutto comunque attraverso le imprese che nel pensiero del legislatore rimane il tramite fondamentale dell’azione di governo. Da rimarcare come anche in Gran Bretagna il problema della disoccupazione giovanile abbia assunto proporzioni emergenziali, superando, per la fascia compresa tra i 16 ed i 24 anni, il milione di persone. Non da ultimo è da segnalare come la cifra verrà finanziata attraverso ulteriori risparmi sul bilancio pubblico che saranno annunciati nei prossimi giorni. Beveridge, insomma, abita ancora qui.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Comunque vada a finire, dopo gli Stati Uniti la Gran Bretagna mostra una capacità di rinnovamento della classe politica sicuramente impensabile nel nostro Paese. Quello che alla fine viene fuori è che oltre a Clegg, che è riuscito a far fruttare abilmente la sua posizione anche con un risultato deludente, Milliband riceve un sostanziale via libera come nuovo leader laburista. Clegg, Milliband, ma anche Cameron, diventano le nuove coordinate della politica inglese, un ricambio in tempo reale in condizioni di incertezza che in altri paesi avrebbero riportato in auge le vecchie volpi stagionate con la scusa, appunto, della difficoltà della situazione. Una Gran Bretagna che alla fine si scopre “cool” e si rinnova profondamente, a dispetto della superficiale patina di tradizione. Come se il mondo anglosassone continuasse a dare lezioni di leadership politica ad un Mediterraneo stagnante. Obama docet.
Se vi chiedete come è scoppiata la popolarità di Clegg, una risposta ci viene da diversi commenti tra cui uno illuminante di Alessio Antichieri su Rai News 24. In sostanza l’esposizione mediatica di Clegg sarebbe nata da una mossa, certamente azzeccata, di Gordon Brown che pose come condizione per la partecipazione ai tre dibattiti televisivi la partecipazione della terza forza dei Liberal Democratici guidati da Clegg per depotenziare il conservatore Cameron. E Clegg ha fatto il suo dovere facendosi paladino del cambiamento a danno dei conservatori. Comunque per capire cosa ha fruttato l’esposizione di Clegg, più che il numero dei seggi (da non dimenticare il sistema inglese dove chi arriva primo in un collegio prende tutto) bisognerà vedere le percentuali assolute. Da annotare che non è avvenuto il preannunciato crollo dei laburisti che comunque tengono anche se perdono.
Secondo i primi exit poll, in Gran Bretagna i conservatori otterrebbero 307 seggi, i laburisti 255, i liberaldemocratici 59. In sostanza ai Conservatori mancherebbero 19 seggi per la maggioranza assoluta che potrebbero trovare nelle liste minori. Parlamento “impiccato” secondo il gergo politico britannico dove nessun partito riesce a governare da solo. Malgrado le anticipazioni di questi giorni i lib dem sarebbero in flessione nel numero dei seggi. Sarebbe pure possibile una maggioranza laburisti-lib dem, ma se Clegg manterrà i propositi preelettorali questo tipo di maggioranza non vedrà la luce.
Spulciando tra i programmi dei candidati inglesi per le prossime elezioni del 6 giugno in Gran Bretagna ci si può imbattere in una proposta apparentemente curiosa avanzata dai liberaldemocratici di Nick Clegg sulla sanità. In sintesi l’idea è quella di trasformare i “primary care trust”, che possiamo pensare come i corrispondenti della nostra Asl, in organi elettivi. In realtà l’idea non è così curiosa come potrebbe apparire e ne abbiamo traccia anche in Italia nell’opera di Maccacaro negli anni ’70. Proprio oggi, nel pieno della discussione di deficit sanitari, di critica ai poteri dei Direttori Generali sempre più monocratici, di ingerenze della politica persino nella nomina dei primari degliospedali, questa proposta non è certamente da scartare. Malgrado tutto, infatti, uno dei settori di spesa maggiormente delicati e certamente onerosi, rimane in mano diretta non tanto della politica, quanto dei politici senza nessun vero controllo da parte di chi fruisce dei servizi sanitari. Il fatto che chi amministra il settore locale sanitario debba rispondere direttamente ai cittadini senza interposizioni e debba presentare un ventaglio di soluzioni al giudizio degli stessi fruitori del servizio con possibilità di scelta, potrebbe configurarsi come una piccola rivoluzione positiva con una semplificazione tra chi governa un sistema e chi ne usufruisce, rendendo maggiormente responsabili anche i cittadini del territorio sulle scelte da compiere e sottraendo la nomina al clientelismo politico e a meccanismi oscuri da parte ad esempio dei Presidenti di Regione che continuano a non essere perfettamente chiari. Chiaramente questa è una traccia che deve essere maggiormente sviluppata per ciò che riguarda il nostro territorio e che necessita di limiti e contrappesi adeguati come obbiettivi di politica sanitaria nazionali condivisi e mantenimento di interesse pubblico. Ma sicuramente ha il pregio della chiarezza, della responsabilità dei cittadini di una comunità data, della possibilità di scelta tra diversi programmi, di elezione di tecnici con una certa conoscenza del territorio in questione e via discorrendo.
Che per ricercare qualcosa di innovativo nelle forme politiche sia necessario guardare fuori dal nostro Paese, non è necessario ricordarlo. Ma va sottolineato quello che sta succedendo in Gran Bretagna dove è stato lanciato il “Digital Debate” in vista delle prossime elezioni. Si tratta di un vero e proprio dibattito in rete sostenuto congiuntamente da Google e Facebook attraverso cui si instaura un rapporto interattivo tra i candidati e i navigatori virtuali che possono porre le loro domande con fondata speranza di avere una risposta. Anzi, le migliori sono state effettivamente poste nel dibattito di questa sera tra Clegg, Brown e Cameron. A completare l’esperimento di politica virtuale, c’è anche la possibilità di votare le risposte date dai leader per qualche giorno. Al momento Clegg è in vantaggio di diverse lunghezze su Cameron. Brown insegue in coda in splendida solitudine.
“Niente bonus ai direttori delle banche, per incoraggiarli a guardare al lungo termine; istituire un tetto di 2.500 sterline ai bonus pagati cash; divieto assoluto a distribuire bonus per quelle banche che hanno registrato delle perdite. “E’ una ricetta dura ma è il modo giusto di procedere”. Non ci crederete, ma queste parole non le ha dette il New Labour, ma il liberaldemocratico Clegg proprio questa sera nell’ultimo confronto pre-elettorale in Gran Bretagna. A momenti uno diventa liberale…
Dopo Europe Ecologie, una novità politica europea potrebbe venirci dalle elezioni inglesi di maggio attraverso i LibDem, i Liberal Democratici. Con un linguaggio secco e chiaro, la missione che si prefiggono è recuperare voti nel bacino di delusi sempre più ampio dalle politiche dei laburisti e conservatori, certamente più grande del tradizionale corpo elettorle liberale. Merito, equità, spesa responsabile e libertà civili sarebbero, secondo al buona interpretazione fornita da Frontpage, le quattro gambe della proposta della storica terza forza britannica. Certamente con maggiori punti in comune con i laburisti, il partito del giovane e brillante Clegg si candida comunque non solo ad essere l’ago della bilancia o comunque la forza che potrebbe essere necessaria per formare un nuovo governo, ma a sparigliare l’imbolsita politica di sua Maestà che non sembra riuscire ad appassionare più di tanto le giovani generazioni inglesi e comunque teme l’onda astensionistica che ha tenuto banco recentemente in Francia e in Italia. Proposte chiare, certamente. I Liberal Democratici infatti sembrano essere ad esempio l’unica forza che veramente sta rappresentando l’area dei diritti civili su cui anche i “progressive” laburisti zoppicano. L’economia viene certamente presa molto sul serio, ancor più dei leader conservatori, prendendo di petto, ad esempio, il debito pubblico. Con ricette che in altre lande sconfinerebbero nella tradizione rossissima del taglio dei benefit ai ricchi e della tassazione dei loro castelli.
Antidogmatici per formazione, rilanciano la necessità di dare maggiori opportunità ai giovani mediante l’istruzione, tutelare meglio le famiglie con una “No-tax” fino a un certo reddito. Ma veramente il linguaggio fresco, la determinazione, l’antidogmatismo, il tentativo di dare una nuova credibilità alla politica, le soluzioni spiegate chiaramente potranno fare la differenza in queste elezioni. Da tenere d’occhio quindi, sperando che i riflettori dell’analisi politica possano veramente chiarirci queste forze che si affacciano con rinnovata audacia nel panorama politico: Europe Ecologie e LibDem. Magari una ventata di aria fresca nel chiuso delle contorsioni italiane che non ci affascinano più.