Dove e come deve vincere il centrosinistra per ottenere la maggioranza in Senato? Claudio Cerasa ci propone un’interessante tabella degli analisti della Barclays dove si dimostra che la perdita della Lombardia e di una regione a scelta tra Veneto e Sicilia sarebbe esiziale. Interessante è anche la stima accurata dei seggi nelle diverse regioni.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Barack Obama è nuovamente in giro per gli Stati Uniti. Dopo la vittoria delle presidenziali, si è infatti messo in testa di costruire una campagna di “pressione popolare” per arrivare ad approvare il punto del suo programma che aumenti la tassazione sui redditi maggiori di 250.000 $ mantenendo le riduzioni per i meno abbienti. La cosa interessante non risiede nell’argomento in sè stesso, ma sul “come” lo fa. In breve sta cercando di mantenere aperta una mobilitazione dei cittadini che l’hanno votato tramite gli strumenti che hanno permesso la sua vittoria. Una enorme banca dati, l’attivazione di un filo diretto tramite gli strumenti virali “social”, la sua presenza fisica stessa, l’organizzazione capillare costruitasi mediante referenti locali – e molto altro ancora – vengono rivitalizzati per un compito politico preciso: fare in modo che una mobilitazione popolare sostenga i suoi progetti e modifichi gli equilibri politici all’interno delle stanze di Washington e ribaltando la preoccupazione degli eletti che si trovano a dover dare conto più che alle strutture di partito, agli stessi elettori. E’ chiaro che gli Stati Uniti non sono l’Italia, ma questo tipo di azione politica potrebbe rappresentare una innovazione anche per i nostri stanchi rituali, soprattutto per un centrosinistra che ha percorso la strada delle primarie, simile a quella americana. Credo che l’uso sapiente dei dati, della capacità di mobilitazione della propria “gente, il rapporto costruito dai maggiori competitori con i cittadini, possano rappresentare una possibilità non solo di legittimazione, ma di azione politica diretta che, soprattutto Bersani, dovrebbe percorrere. E qui si tratta di innovazione vera, non di favole…
I candidati alle primarie del centrosinistra hanno risposto a sei domande riguardanti le politiche della scienza e della ricerca proposte da un gruppo di blogger, giornalisti, cittadini e ricercatori. Le risposte su fecondazione assistita, ogm, energia e altro ancora, possono essere lette sul sito de “Le Scienze” cliccando qui
Nasce la carta d’intenti del centrosinistra che rappresenterà la base dell’alleanza di centrosinistra e che verrà sottoscritta oggi.
Noi non crediamo alle bugie delle promesse facili, quelle vendute nel decennio disastroso della destra. Crediamo, invece, in un risveglio della fiducia, a cominciare dai giovani e dalle donne. I problemi sono enormi e il tempo per aggredirli si accorcia. Le scelte da compiere non sono semplici né scontate. Ma la speranza che ci muove vive tutta nella convinzione che si possano combinare cambiamento e affidabilità, uguaglianza e rigore nelle scelte.
Umberto Bossi non è politicamente uno sprovveduto. In mezzo ad altre cose di dubbia eleganza e solidità, ci fa intravvedere una delle ragioni per le quali viene considerato portatore di fiuto politico. Il Corriere della Sera dopo aver sottolineato come Umberto Bossi da tempo lavori al programma elettorale per le prossime politiche, chiede: ”Ma perché ora? Perché così presto?” E Bossi non si tira indietro: «Perché se noi presentiamo un programma forte, anche gli altri dovranno farlo». Dovranno rispondere a tono e spiegare i loro progetti per il dopo: «E quando i programmi elettorali ci saranno, Monti cade e si va alle urne». Il concetto non è nuovo e si accompagna a quello di altri analisti secondo cui anche il – primo?- Governo Monti sarebbe agli sgoccioli e non potrà andare oltre le prossime riforme imminenti. Il dopo si configurerà come una semplice preparazione a nuove elezioni, con tutte le scomposizioni del caso ma senza riforme di alto spessore. Ma la mossa di Bossi potrebbe davvero rappresentare un buon colpo, costringendo anche gli eventuali rimescolamenti a dichiarare i temi attorno ai quali unire le disperse forze sul campo. Nel campo che guarda a sinistra i movimenti ci sono, ma non sembrano potersi coagulare dietro un’ipotesi vantaggiosa dal punto di vista elettorale e dove l’unica novità potrebbe essere la ricostituzione dell’Ulivo, momento forte che ha permesso di battere l’ala destra e che sta rifiorendo in diverse aree locali tra cui l’ultima in Piemonte a Cuneo. A destra si lavora sottotraccia, ma sembra ancora il momento del “rompete le righe” con i maggiorenti che tentano di esplorare ed accreditarsi verso nuove aggregazioni che vogliono superare lo schema destra/sinistra. Aspettiamo presto nuove sorprese…
Senza tanti giri di parole, una delle riforme necessarie da perseguire nel prossimo mandato amministrativo è quella della semplificazione burocratica. Se infatti si vuole veramente dare una scossa alla nostra città bisogna partire subito dal semplificare norme e consuetudini amministrative che frenano i cittadini nelle proprie esigenze quotidiane. Commercianti, professionisti, pensionati, operai, portatori di disabilità, casalinghe e via discorrendo, trovano ogni giorno di fronte a sé problemi di comprensione della macchina comunale e perdite di tempo intollerabili in una città che si vorrebbe europea e moderna, motore di sviluppo e di cultura. (altro…)
Come ultimamente succede, le primarie del centrosinistra di Torino sembrano avviate ad un risultato non scontato. Infatti i “beninformati” ci fanno sapere che i candidati democratici – Gariglio e Fassino – sono sostanzialmente appaiati nel consenso dei torinesi. Gli altri candidati – Passoni, Curto e Viale – non sembrano avere numeri sostanziosi per contrastare il Pd, a maggior ragione oggi che sfuma la possibilità di un fronte unico a sinistra tra Passoni e Curto che indeboliranno la forza d’urto dell’ala radicale della coalizione. (altro…)
La prima scrematura è stata compiuta: pur con il dovuto rispetto per gli altri candidati, restano quindi in piedi Davide Gariglio e Piero Fassino. E il finale non è scontato. Sembra infatit anche delineata la “cornice” all’inteno della quale si muoveranno i due candidati su cui convergeranno le scelte degli elettori del centrosinsitra. Da una parte Piero Fassino nella parte dell’”usato sicuro”, del politico esperto capace di tenere la barra dritta e portare a sponde sicure una città che si interroga su cosa potrà diventare, oltre a permettere una crescita e la formazione senza scossoni di una classe dirigente di giovani che scalpitano senza ancora aver maturato il carisma necessario per proporsi autonomamente ai torinesi. Dall’altra Davide Gariglio che sembra incarnare in proprio quei giovani che reclamano il “cambiamento” ed avendo amturato comunque una certa esperienza politica nei banchei del Consiglio Regionale del Piemonte. (altro…)
Ne sentiremo di tutti i colori su questa storia di Fini e Berlusconi. Il quadro che ci appare, però, sembra più essere quello della fine del bipolarismo così come l’abbiamo conosciuto. Non è escluso che questa implosione dalle parti della destra non abbia similitudini anche a sinistra, anche se sotterranee e apparentemente meno clamorose dato il ruolo di opposizione. Basterebbe solamente richiamare le recenti fibrillazioni avvenute nel panorama europeo degli eletti italiani, dove sembrano riaffacciarsi gli spettri di DS e Margherita che, comunque, tengono in piedi le rispettive “aziende” economiche a cui affluiscono diversi finanziamenti e costituiscono ancora delle cassaforti certamente non vuote. Il dato rimane lo stesso: la fine del bipolarismo con una stagione di nuove formazioni intermedie in grado di unirsi o dividersi formando nuove aree politiche con capacità numerica diversa rispetto al quadro attuale ed in grado di sperimentare governi diversi a livello nazionale ma soprattutto locale. Dal mio punto di osservazione, spero che invece il centrosinistra possa ricompattarsi e trovare quel minimo comun denominatore che da solo finora non ha trovato – e forse cercato con la dovuta forza.
A livello nazionale e locale, esiste una discussione sulla capacità delle opposizioni di unirsi e dare una prospettiva politica a tutti coloro che, con la propria “astensione” attiva, più che far vincere il centrodestra sembrano aver fatto perdere il centrosinistra. Nasce così un florilegio di temi su cui non sembra possa raggiungersi una vera sintesi, ma di cui la vera essenza è che poco interessano i cittadini che vorrebbero conquistare. Credo che il tema che continua ad interessare gli elettori del nostro Paese sia relativo alla perdita di potere economico, sia che si voglia leggere come perdita di posti di lavoro o di potere d’acquisto. Il resto rientra nella categoria “fuffa”. Su quali temi creare quindi una unità di forze politiche? Lasciando perdere la “fuffa” credo potrebbe essere apprezzato un cartello di forze politiche che si batta per politiche economiche di espansione – quelle che una volta si chiamavano keynesiane – rovesciando le screditate teorie economiche di depressione e di tagli delle destre; una nuova regolamentazione della finanza; una maggior capacità di controllo democratico sulla politica della banca centrale europea. Come alcuni ricordano, questo è quello che, al contrario, hanno fatto piccole e grandi banche, operatori ed agenzie finanziarie e via discorrendo, unendosi e lasciando indietro futili differenze contro la politica di regolamentazione che era stata tentata dall’amministrazione americana poco tempo fa: hanno vinto unendosi sotto l’egida della finanza, anche politicamente riuscendo a disgregare la sponda opposta. Bisognerebbe lasciare perdere le inutili discussioni sul nulla delle opposizioni e iniziare a ragionare di unità d’azione proprio su questi temi economici, che poi rappresentano gli attuali profondi bisogni di operai, disoccupati e professionisti, L’unione insomma tra merito e bisogno.