”A conti fatti, nessuno di noi manderebbe un paziente in analisi da Khan, ma quanti di noi, invece, sono rimasti clinicamente toccati dalle sue grandi intuizioni, in particolare sul trauma cumulativo, sul carattere schizoide e sulle perversioni? Con equilibrio e sensibilità, Gazzillo e Silvestri avvicinano il lettore a un’opera importante, illuminando i particolari più inquietanti della biografia dell’autore, ma senza rimanere vittime di derive puritane o di uno zelo politically correct. Il progetto di tenere insieme la vita e le opere al tempo stesso tenendole separate, sembra riuscito” (dalla prefazione al volume).
“La teoria di Khan, come la sua vita, sembra dedicata a ricercare proprio quei luoghi e quei modi dell’esperienza che rendano possibile la scoperta del sé e la’ttualizzazione delle proprie “nozioni di sé”: spazi potenziali al confine tra il sé e il non sé, luoghi in cui questa distanza temporanemanete di colma. La presenza di un altro, testimone incarnato e silenzioso, assertivo e permissivo, lo spazio onirico e il restare oziosi rappresentano condizioni che dispongono al contatto creativo con la voce più intima e nascosta dell’uomo” (Sua maestà Masud Khan, p.197)
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