In fondo, per noi a Sinistra, questo fine campagna elettorale potrebbe rivelarsi meno noioso del previsto.
Lasciando ad altri il compito di continuare a non confrontarsi parlando di schede elettorali e di fucili, credo che nell’agenda politica post elezioni della Sinistra sia entrato a pieno titolo il tema della “ricomposizione” della storia del ‘900, almeno per ciò che riguarda le due grandi famiglie espresse dal movimento operaio.
La temuta insufficienza numerica della sinistra italiana, ha forse chiarito un sentimento di disagio derivante proprio dalla divisione, dalla separazione di percorso tra le forze che genuinamente si richiamano ai valori del comunismo e del socialismo e di cui, sempre meno nel XXI secolo, se ne comprende la ragione attuale.
Chiaramente il corno del problema da affrontare non è tanto quello “storico”, ma appunto quello “politico”, senza disconoscere ragioni che, a questo punto del percorso, sembrano poco produttive.
Non siamo, oggi, di fronte alla lotta per l’egemonia novecentesca tra PCI e PSI.
Il rischio è una vera e propria marginalizzazione di tutta la storia della sinistra in Italia, compresa l’esperienza ambientalista e di movimento che hanno dato fiato in questi anni ad un, come ci insegna la sociologia, salutare conflitto politico e sociale nel nostro Paese.
Oggi si percepisce un’atmosfera un po’ diversa, che non si cristallizza in richieste di abiure o di rinnegamenti della propria storia.
I fatti sembrano confermare la tendenza.
Mentre ieri Boselli proponeva, principalmente alla Sinistra Arcobaleno, un patto per la laicità, oggi Fausto Bertinotti riafferma il soggetto unico della Sinistra, democratico e partecipato, che non conoscerà più verticismi, ma sarà condotta da una leadership collegiale.
Questo è anche il senso, credo, dell’affermazione di un comunismo all’interno di questo soggetto come “tendenza culturale”, cioè capace di contaminare e di farsi contaminare, come superamento “di uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi, ma un movimento reale che abolisce lo stato di cose presente” come la precarietà, la mancanza di sicurezza sul lavoro, le derive teocratiche, le fonti di diseguaglianza sociale, le impari condizioni di partenza.