La preoccupazione raccolta dal programma del Partito Socialista Europeo sulle disegueglianze della condizione femminile, particolarmente forti nel settore lavorativo, ha avuto una recente conferma da uno studio della Banca d’Italia che rileva come una donna lavoratrice su cinque lascia il proprio lavoro dopo la nascita di un figlio. Come riportato dal sito clandestinoweb: “Circa i due terzi delle neo-mamme che abbandonano la propria occupazione dichiarano di averlo scelto “volontariamente”, in prevalenza per difficolta’ a trovare il giusto equilibrio tra vita familiare e lavorativa. Tant’e’ vero che la probabilita’ di lasciare volontariamente il lavoro diminuisce di circa 5 punti percentuali nelle regioni in cui c’e’ maggiore disponibilita’ di asili nido pubblici (ne usufruisce solo il 7% dei bimbi sotto i tre anni) e arriva addirittura a dimezzarsi in presenza di nonni disposti a fare da baby sitter. La probabilita’ di uscita dal mercato del lavoro aumenta invece significativamente per le madri sotto i 24 anni (72%) e per quelle meno istruite (68% tra le donne che si sono fermate alla licenza media contro il 24,5% delle laureate) e addirittura triplica per le mamme che al momento del concepimento lavoravano a tempo determinato.
Il “rischio-abbandono” scende invece per quelle occupate nel settore pubblico (37%): cio’ e’ probabilmente dovuto sia all’alto “costo-opportunita’” di un’eventuale uscita sia alla maggior flessibilita’ consentita dall’impiego pubblico soprattutto in termini di orari. Fra le dipendenti del settore privato, infine, la probabilita’ di abbandono sono maggiori per le operaie (37,6% a fronte del 12,9% registrato tra chi ha un ruolo manageriale) e per coloro che lavorano nei settori del commercio e dei servizi”.
A questo proposito ritengo particolarmente importante, tra le altre sull’argomento, la proposta fatta al punto 36 del Manifesto del PSE: “Lavoreremo per sostenere i genitori in modo che possano gestire le proprie responsabilità sia di genitori che di carriera. Per sostenere questo progetto proponiamo che gli Stati membri raggiungano l’esistente obiettivo di copertura del 33% di strutture assistenziali al bambino in età dagli 0 ai 3 anni e al 90% per i bambini dai 3 anni all’età scolare, e mirino a traguardi complementari all’UE per quanto riguarda l’assistenza al bambino.”
Fondamentale è anche il riconoscimento contenuto nel Manifesto di come “le donne si trovano spesso a dover decidere tra avere dei bambini e perseguire la carriera che vogliono. Le famiglie che lavorano trovano difficile tenere in equilibrio le loro responsabilità personali e professionali. Noi possiamo cambiare questo: quei Paesi europei che hanno fatto di più per aumentare i diritti e le opportunità delle donne hanno adesso le più alte proporzioni di donne nel mercato del lavoro e i più alti tassi di natalità. Noi abbiamo promosso incessantemente a livello locale, regionale e nazionale la creazione di strutture di assistenza al bambino. Continueremo a combattere gli stereotipi di genere e crediamo che rinforzare i diritti e le opportunità delle donne porterà a significativi benefici economici, sociali e democratici per tutti i cittadini europei”.
Anche per questo ho accettato di candidarmi per l’Europa nelle liste di Sinistra e Libertà aderendo al Partito Socialista Europeo.
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