Il Rapporto Oasi 2010 del Cergas Bocconi evidenzia che il Ssn riesce a controllare la crescita della spesa, che resta inferiore del 9% alla media Ue-15. Carenti lo sviluppo di strumenti manageriali e l’attuazione di nuove policy.
Un sistema che riesce a contenere la crescita della spesa (+2,4% nel 2009), ma non a rispettare i tetti di spesa, impegnato a formulare nuove policy per venire incontro ai nuovi bisogni ma che non riesce ad affiancare a questa evoluzione una crescita degli strumenti e delle professionalità richieste. È questo il quadro che emerge dal Rapporto 2010 dell’Osservatorio sulla funzionalità delle aziende sanitarie italiane (Oasi) del Cergas Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale), il rapporto che ogni anno evidenzia i punti di forza, criticità e dinamiche in atto del Servizio sanitario nazionale.
Per quanto riguarda l’equilibrio economico del sistema, il rapporto evidenzia che la spesa corrente a carico del Ssn nel 2009 ha subito una crescita modesta, pari al 2,4%, rispetto al 2008 (dal 2001 al 2009 la crescita media annua è stata del 4,4%). Secondo i confronti internazionali, la spesa italiana risulta del 9% inferiore al dato complessivo Ue-15. Il finanziamento del Ssn ha intanto raggiunto il 7% del Pil (rispetto al 6,6% del 2008) ma ciò non è stato sufficiente a coprire interamente la spesa. Il disavanzo medio nazionale pro-capite (54 euro) è stato solo leggermente inferiore a quello del biennio precedente e si conferma quindi l’incapacità del Ssn di rispettare i tetti di spesa.
“La spesa sanitaria procapite in Italia è più bassa di quella dei principali partner europei, il tasso di crescita medio degli ultimi anni è stato molto contenuto ed il contenimento della spesa sanitaria pubblica non ha determinato un rilevante shift verso la spesa privata,” spiega Elena Cantù del Cergas Bocconi e curatrice del rapporto. “Rileviamo però una progressiva erosione, anche per effetto della crisi economica, di quel ’vantaggio di costo’ che ha tradizionalmente caratterizzato la sanità italiana in termini di incidenza della spesa pubblica sul Pil”.
Analizzando la situazione a livello regionale si evidenzia una notevole eterogeneità. Tre regioni da sole (Lazio, Campania e Sicilia) hanno generato due terzi dei disavanzi accumulati dal Ssn nel periodo 2001-09. Le regioni che hanno accumulato i disavanzi più contenuti sono il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia e la provincia di Trento.
Sul fronte logistico-infrastrutturale si evidenzia la persistente riduzione dei posti letto per acuti che si sono ridotti del 34% nel periodo 1997-2007. Il numero di strutture di ricovero pubbliche ed equiparate si è ridotto da 942 nel 1997 a 655 nel 2007. Il personale dipendente è aumentato dell’1% nel periodo 1998-2007.
Cresce intanto il ruolo del privato, soprattutto rispetto ai bisogni emergenti del sistema sanitario. L’incidenza delle strutture residenziali private accreditateè cresciuta dal 5% del 1997 al 73% del 2007 e degli ambulatori e laboratori dal 54% del 1997 al 60% del 2007. Nel 2007 la percentuale di posti letto in strutture private accreditate a livello nazionale era il 27%.
Secondo il rapporto, il Ssn si mostra comunque reattivo ai cambiamenti in atto e all’evoluzione dei bisogni, prestando attenzione a nuove policy e modelli organizzativi. Si evidenzia infatti un ampliamento della mission aziendale che non si limita più alla sola erogazione diretta dei servizi sanitari. Nel Rapporto si citano, per esempio, lo sviluppo delle reti cliniche, la diffusione delle iniziative di integrazione tra ospedale e territorio e la definizione di percorsi sociosanitari integrati per patologia o stato di bisogno, trasversali a tutti gli ambiti di cura.
Questa accezione più ampia della mission del Ssn richiede però strumenti manageriali e di attuazione coerenti e il rapporto sottolinea le lacune su questo fronte. “Sembra affievolirsi nel SSN la sensibilità verso lo sviluppo degli strumenti e delle professionalità manageriali, quindi la selezione e la crescita di una classe dirigente competente e preparata rispetto ai problemi emergenti. La consapevolezza dei problemi porta a un sufficiente dibattito sulle policy di risposta, ma ultimamente viene sempre più trascurata la fase attuativa, quella che necessita di manager per l’implementazione delle strategie,” conclude Cantù.
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