Un esempio di ciò si trova su un interessante scritto di Sergio Cesaratto che confuta i dati di Alesina, fermo sostenitore della necessità di mettere mano immediatamente all’età pensionabile. Secondo Alesina, partendo dalle donne in età lavorativa, in Italia quelle tra i 55 ed i 64 anni sarebbero circa il 23% del totale, mentre in Svezia circa il 70% e negli Stati Uniti il 50%. La media europea ( a 15 paesi) si assesterebbe a circa il 41%. Gli uomini invece della stessa fascia d’età avrebbero questo rapporto: Italia 46%; Svezia 76%, Usa 70% con media europea del 58%. Questo dovrebbe dimostrare che negli altri Paesi i lavoratori lavorano più a lungo e che quindi alzando la media dell’età pensionabile si ricaverebbero importanti economie.
Il vero problema è che i dati vengono usati davvero in maniera quantomeno frettolosa. Se infatti iniziamo a vedere i dati sull’occupazione nelle altre fasce d’età scopriamo cose interessanti. Ad esempio se si prende in considerazione la fascia d’età di lavoratori tra i 15 ed i 54 anni vediamo che in Italia il tasso di occupazione nella popolazione maschile è del 69% ed in Svezia dell’81%. Ancora meglio per la popolazione lavoratrice femminile: Italia 57%; Svezia 79% e via discorrendo (es. Francia 74%; Germania 68%; Spagna 79%). Il problema dunque, guardando i dati nella loro panoramica completa, non è dato dal fatto che in Italia ci sono meno uomini e donne che lavorano nella fascia vicina alla pensione (e quindi ci sarebbero più uomini e donne che sarebbero già andati in pensione), ma che in tutte le fasce d’età il tasso d’occupazione in Italia è minore rispetto a quello degli altri Paesi. In sostanza ad un’età, ad esempio, di 63 anni non ci sarebbero più pensionati in Italia rispetto all’estero, ma ci sarebbero semplicemente meno occupati. La più bassa età pensionabile femminile sarebbe una specia di ballon d’essai, in quanto anche nelle fasce precedenti ci sarebbero meno donne impiegate.
Il problema è che l’ammontare dei posti di lavoro sarebbe determinato da altre cause, come la domanda aggregata, e non dall’età pensionabile, soprattutto delle donne. In sostanza viene smontata l’opinione dei cosiddetti liberal che in un sistema economico flessibile sarebbe garantita l’occupazione per tutti coloro che fossero disponibili a lavorare anche oltre termine a salario di mercato. Se la domanda è scarsa ed il sistema non è competitivo i posti di lavoro continuano ad essere pochi. Con il paradossale meccanismo che i pensionamenti liberano anche posti di lavoro per i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro.
Oltre a lasciar perdere il fatto che sul lavoro usurante vorrei proprio vedere la faccia di qualcuno nel proporre l’allungamentodell’età pensionabile.
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