Ha ragione Massimo Pinto, il cui blog Science in the Bel Paese è tra i 10 più letti della rete di Nature: il 5 per mille così com’è dato per la ricerca scientifica non funziona.
Anzi, diventa quasi fonte di scandalo per i ricercatori di altri Paesi.
Il perché è abbastanza semplice.
Nei Paesi di ricerca avanzata i fondi vengono assegnati dopo una attenta valutazione dei progetti di ricerca da parte  di “board” scientifici di elevata qualità e attraverso una valutazione “peer rewiew”, tra “pari”.
In Italia questo meccanismo può essere saltato facendo confluire direttamente i fondi donati dai cittadini ad un Istituto o ad un  progetto di ricerca senza che questo passi attraverso questo tipo di valutazione.
Non sempre, senza dubbio, ma per la maggior parte dei casi avviene così.
In questo modo una abile campagna pubblicitaria, potrebbe ad esempio drenare fondi anche su progetti non di punta o comunque di qualità inferiore ad altri che non ottengono risorse.
Il cittadino in questo modo, non ha gli strumenti per comprendre a fondo la bontà delprogetto che sta finanziando, pur credendo di fare la cosa più giusta.
In altri Paesi il meccanismo possiede maggiori salvaguardie.
I fondi donati dai cittadini finiscono ad esempio ad una fondazione, che però non decide la destinazione.
La scelta viene compiuta da una equipe di scienziati di vasta esperienza che stila una graduatoria.
Il concetto è che non può essere assegnata al cittadino la responsabilità di giudicare la scelta migliore rispetto ai progetti, senza altri strumenti che gli spot di diversa natura che compaiono su riviste o TV.