Circolano sulla rete ampi stralci del prossimo rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) che verrà pubblicato nel prossimo marzo e che descrive le pressioni sull’ambiente del global warming – o riscaldamento globale -. Le note presenti sono in linea rispetto alle diverse previsioni che da ormai decenni ci allertano su un aumento dei conflitti per le risorse, povertà, caldo, siccità e via discorrendo. In sostanza l’impatto del peggioramento delle condizioni ambientali riguarderà la crescita economica soprattutto nei paesi a basso e medio reddito pro-capite creando anche sacche più profonde di diseguaglianza nei paesi più ricchi. Da rimarcare è comunque l’atteggiamento dello studio che distingue le diverse cause dell’arretramento economico, rimarcando però come il global warming potrà rappresentare un fattore di peggioramento decisivo. Lo stesso Chris Field, primo autore dello studio, spiega che il peggiore degli scenari descritti si riferisce alle condizioni in cui l’umanità non agisca in nessun modo per contrastare queste tendenze: “Non sono disperato” – avverte Field – “perché vedo la differenza tra un mondo in cui non facciamo nulla e uno in cui ci rimbocchiamo le maniche e facciamo qualcosa”. Se continuano a rimanere moltissimi dubbi sul fatto che i diversi paesi stiano procedendo con sufficiente forza nelle diverse azioni necessarie, rimane il fatto che siamo ancora in tempo per invertire in maniera virtuosa lo scenario previsto. Anche se bisognerebbe tornare a far correre la più importante delle risorse sostenibili e rinnovabili: la volontà politica.
Qui è disponibile la traduzione italiana a cura della Fondazione Sviluppo Sostenibile
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