Esiste un piccolo riflesso condizionato che si palpa in questi giorni dopo l’affidamento a Mario Monti del governo del nostro Paese: che basti lui a cambiare l’Italia. Ciò non è chiaramente possibile nè augurabile. Tra i suoi compiti quello che forse mi appare più reale è il tentativo di mettere tutti noi in condizioni di poter vivere in un Paese diverso, di creare una cornice all’interno della quale dobbiamo essere noi, con le nostre azioni ed il nostro lavoro, a costruire un’Italia diversa. Molte cose e certamente condivisibili sono state dette e la passione per il nostro Paese e la sua politica mi spinge a irne almeno quattro anche dal mio punto di vista. Quattro capoversi per completare un nuovo programma.
UN PAESE FORTE
Il contrario di un paese diviso in mille localismi. E’ un paese che propone il proprio modello di sistema a difesa della salute, dell’istruzione, dell’ambiente, dell convivenza civile e democratica, della solidarietà, dell’equità a tutto il mondo. La nostra storia ci racconta che nel passato più volte l’abbiamo fatto con successo. Oggi che la nostra dimensione è rappresentata dall’Europa, un paese forte non si perde nella proposizione di modelli localistici, ma diventa un esempio di democrazia reale per estese aree geografiche. Il nostro paese ha smarrito questa possibilità di elaborazione e deve recuperare questa dimensione, pena un lento declino e la necessità di inseguire modelli espressi da aree più dinamiche del mondo tentando di replicare acriticamente ciò che accade in altre condizioni.
PROSPERITA’ DIFFUSA
Essere a favore del libero mercato non significa esaurire in questa definizione il nostro ruolo. Noi puntiamo alle conseguenze che il libero mercato dovrebbe produrre: la prosperità diffusa dei cittadini. Oggi parlare semplicemente di libero mercato può essere scambiato per accettare un modello costruito a vantaggio di pochi e quindi è necessario spingersi più in avanti e proporre con forza il fine vero che ci si attende dal libero mercato.
UNO STATO EFFICIENTE
Esiste una falsa discussione che oggi va per la maggiore: è necessario uno Stato più presente o è meglio limitarne il raggio d’azione? In realtà noi vogliamo uno Stato semplicemente efficiente. Solo partendo da uno Stato che funziona è possibile una vera discussione sulla sua possibilità d’azione. Questi anni ci hanno consegnato modelli di azione pubblica che nel nostro Paese si sono caratterizzati per una scarsa efficienza au molti livelli, sia nella grande che nella piccola dimensione: un vero minimo comun denominatore che prescinde dalla grandezza dei settori di intervento. Uno Stato inefficiente è uno Stato inefficace a prescindere dalle dimensioni. Da qui bisogna ripartire iniziando una discussione vera sul come liberare e rendere vive le mille eccellenze che chi lavora nelle articolazioni del nostro Stato continua ad esprimere e per stroncare le modalità che rendono inefficiente la nostra pubblica amministrazione.
RESPONSABILITA’
Una considerazione veramente bruciante che questo periodi ci consegna è il fatto che la nostra politica abbia agito come un bambino punito da un genitore severo: solo un richiamo puntuale e intimidatorio da parte europea ha costretto la nostra classe dirigente a muoversi, affidando comuque le redini della nostra comunità ad un altro padre severo. Questo è il modello davvero criticabile del conservatorismo berlusconiano e della destra in generale: individualista, gerarchica e basata nella sua semplicità su punizioni e disciplina imposte dall’esterno. Noi crediamo che sia necessario ricostruire un vero senso di responsabilità reciproca tra tutti i cittadini del nostro Paese che si basi sull’autorevolezza, sull’attenzione per chi è davanti a noi, sulla forza morale, sull’equità. Senza necessità di ricercare fuori dalla nostra comunità gli esempi per ripartire: oggi, nel nostro Paese sono migliaia gli esempi di volontariato, di buona amministrazione, di onestà, di corretto rapporto tra chi fornisce un servizio e chi lo riceve a tutti i livelli e in tutti i campi. Gli esempi li tocchiamo con mano tutti i giorni e basterebbero a compredere i meccanismi di come funziona uno Stato più di tante analisi sociologiche, politiche o giornalistiche. Non esiste solo un Paese che tenta di farla franca finchè non viene sscoperto e viene punito. Un’Italia che opera responsabilmente esiste già: facciamola nostra.
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