Christian Benna, su Affari & Finanza, li definisce i manager del futuro.
Giacca, cravatta e raggi solari, i professionisti del fotovoltaico sono apprezzatissimi – e spesso strapagati – in Germania, Spagna, Stati Uniti.
Ma anche in Italia, grazie agli incentivi del nuovo Conto Energia (più di 8000 impianti in esercizio per 83 Megawatt prodotti e 18 milioni di euro di finanziamenti) saremmo agli albori di una rivoluzione: secondo il rapporto della Commissione nazionale per l’energia solare (Cnes) nel 2020 nel nostro Paese, l’industria del fotovoltaico impiegherà non meno di 120.000 persone.
Solamente in Germania nel settore del solare sarebbero già oggi impiegate circa 300.000 addetti.
Ad oggi stime per l’Italia parlano di un numero di addetti a vario titolo nel comparto di circa 60 mila unità che nel giro di pochi anni potrebbero arrivare comodamente a 250 mila e fatta oltre che di manager di tecnici, periti oltre ad un numero imprecisato di operai ed artigiani specializzati.
Tornando ai manager, l’identikit di questa nuova figura unisce alla competenza tecnica, conoscenze di marketing per essere in grado di analizzare il mercato, lanciare nuovi prodotti, dare consulenze sugli aspetti legislativi e supportare le reti di vendita.
Oltre ai rapporti con le banche che stanno proponendo finanziamenti ad hoc ed alle assicurazioni che stanno creando un interessante sistema di prodotti per gli “ecofurti”.
Non da oggi continuiamo a segnalare le grandi possibilità di sviluppo del settore, fatto di produzioni ecologicamente corrette e di lavoro buono, nuovo, ad alto contenuto di conoscenza e quindi molto solido.
Ma anche in queste elezioni, la politica non sembra prestare particolare attenzione a questo squilibrio di addetti creatosi, riprendendo i dati sopra citati, tra Paesi europei come la Germania e l’Italia nel settore del fotovoltaico.
Ed il problema, ancora una volta, si nasconde nella nostra obsoleta proposta formativa, universitaria in prima battuta, ma a cascata anche nelle scuole secondarie.
Mentre ad esempio nell’Europa “storica” e più avanzata a cui noi guardiamo, i percorsi specifici sono già attivi nella maggior parte degli Atenei, nel Bel Paese del sole sembra esistano solo alcuni corsi di laurea nelle Facoltà di Ingegneria a Milano Bovisa e Bocconi, Cagliari, Firenze, Roma Tor Vergata e Bologna, oltre ad un master a Pisa in collaborazione con Enel.
Pochino, soprattutto in un mercato europeo aperto che vedrà un numero di professionisti d’oltralpe schiacciante e un vantaggio competitivo e di maggior sviluppo delle istituzioni formative che si stanno già consolidando nel settore formativo.
Ecco allora la necessità che vengano da una parte indicati chiaramente obiettivi politici di sviluppo in questo settore, quello della formazione alle nuove tecnologie, con dovute azioni di politica universitaria da parte del Ministero competente oltre all’azione delle amministrazioni pubbliche locali per le loro competenze nel campo scolastico.
Una modesta proposta che mi sento di avanzare a livello locale, Come ad esempio ai prossimi Stati Generali dell’Energia in Piemonte, è l’impiego di una quota significativa degli investimenti promessi nel settore proprio alla formazione dei nuovi operatori.
Finanziare i semplici interventi, senza avere un occhio di riguardo allo sviluppo del settore che con le dovute competenze dovrà realizzare queste opere, potrà paradossalmente portare non allo sviluppo di aziende e manager del nostro territorio, ma all’invasione di tecnologie e conoscenze esterne che rimarranno esterne.