Lo spostamento di risorse pubbliche verso attori “privati” può avere aspetti sfuggenti. Tra i meno conosciuti c’è quello delle conoscenze prodotte all’interno dei sistemi sanitari: la necessaria costruzione del nostro sapere scientifico che progredisce e ci fa avanzare nella capacità di rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Oggi questa capacità viene sistetizzata nel termine di “Educazione Continua in Medicina” o ECM. Sembrerebbe normale che tale sistema che ricomprende il sapere sulla salute, debba trovare delle forme di gestione condivise e all’interno di un sistema universalistico e pubblico. Anche solo per il semplice fatto che i contenuti formativi sono prodotti nella stragrande maggioranza dei casi da professionisti che lavorano nel sistema sanitario nazionale il quale, tra l’altro, fornisce con le proprie strutture gli strumenti e i dati utilizzati per costruire questo insieme di conoscenze. Nei fatti l’uso dell’accumulo delle conoscenze e l’indipendenza culturale non è proprietà pubblica che in percentuale minima: molto spesso il sistema sanitario si trova non solo ad utilizzare, ma a dover acquistare contenuti formativi generati da professionisti che sono propri dipendenti e che cedono ai privati – ad agenzie di formazione o direttamente alle industrie – le conoscenze maturate. Riepiloghiamo per chi non credesse ai propri occhi: 1) il sistema sanitario pubblico genera la gran parte delle conoscenze aggiornate attraverso i propri professionisti; 2) gli stessi professionisti vendono ai sistemi privati tali conoscenze a provider privati; 3) gli altri professionisti e le aziende sanitarie stesse acquistano conoscenze dal sistma privato per l’aggiornamento continuo obbligatorio! Questa semplice equazione è desumibile dai dati di AGENAS: il numero di eventi accreditati a livello nazionale per l’aggiornamento degli operatori sanitari è aumentato negli ultimi tre anni, parallelamente all’emergere di nuovi bisogni formativi avvertiti dal personale sanitario, messo a dura prova nei tre anni di emergenza pandemica: riferendoci – ripetiamo – alla sola formazione accreditata a livello nazionale, si è passati da 17 mila eventi nel 2020 a quasi 28 mila (2021) e ai 32.567 del 2022. Il ricorso a provider privati di educazione continua a essere prevalente: negli ultimi tre anni la percentuale di eventi sponsorizzati è sempre stata superiore al 50 per cento. Ancora peggiore è l’offerta di eventi formativi rivolta ad altri operatori sanitari: per esempio, i dati Agenas 2020-2022 dicono che gli eventi accreditati a livello nazionale rivolti agli infermieri sono meno della metà di quelli accreditati per i medici, nonostante la popolazione infermieristica sia molto più numerosa. Un tentativo di arginare tale sistema viene compiuto dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) e diversi ordini provinciali dando un contributo importante nel proporre diversi eventi centrati soprattutto su tematiche riguardanti la deontologia professionale e la bioetica. Ma nel complesso l’investimento pubblico nella formazione potrebbe essere in calo: in particolare, nel 2020 la spesa per la formazione si è ridotta del 19.3% con flessioni anche superiori al 40 per cento in molte regioni.
Altra segnalazione in merito sono i risultati di una survey pubblicata sul Journal of European CME – che raccontano come la maggior parte delle società scientifiche in ambito medico ha cercato finanziamenti esterni per congressi (93 %) e corsi di formazione in presenza (86 %). I finanziamenti per i congressi sono arrivati da fonti diverse ed erano giustificati a fronte dell’inserimento nell’agenda del meeting di sessioni organizzate dall’industria, come i simposi satellite previsti al di fuori del programma scientifico. Le attività online sono state finanziate per lo più dall’industria (79 %) mentre le attività sincrone ( i webinar dal vivo) lo sono state di meno (64 %). Dalla stessa indagine, le società scientifiche lamentano problemi legati alle risorse, alla difficoltà di fare una programmazione a medio termine delle attività formative e alla mancanza di competenze digitali nel pianificare e realizzare dei corsi. Le società hanno anche sottolineato come il gran numero di eventi organizzati da altre organizzazioni renda più difficile raggiungere un numero ampio di operatori sanitari”. In sostanza i provider privati si stanno sostituendo in maniera pervasiva alle agenzie pubbliche di formazione. Chiaramente se la formazione di chi opera nel sistema sanitario nazionale diventa territorio di conquista di soggetti privati non sarà una sorpresa vedere l’attuazione non dei genuini bisogni formativi di chi lavora nel mondo della salute ma la proposizione e la spinta all’utilizzo di un insieme di modelli diagnostici, di terapie e dispositivi medici che possono ricongiungersi agli interessi degli stessi provider privati. Oltre all’impegno squilibrato verso aree medico-chirurgiche più attrattive per le ricadute economiche delle industrie, cosa già nota per la farmaceutica. In sostanza si crea una vera e propria disuguaglianza tra i diversi settori specialistici, amplificando le disuguaglianze anche tra il personale dei centri con maggiore e minore volume di attività (i primi sono più corteggiati dagli sponsor perché hanno una potenzialità prescrittiva maggiore), malgrado i bisogni sanitari della popolazione non siano diversi su tutto il territorio. Non ultimo il fatto che tale sistema porta inevitabilmente a differenze molto sensibili nelle diverse zone geografiche del nostro Paese.
No Comments to Privatizzazione delle conoscenze in sanità so far. (RSS Feeds for comments in this post)
No one has commented so far, be the first one to comment!