Ognuno si rende ben conto inconsciamente che il rientro non sarà facile, per non dire altro. Basta prendere sul serio qualche notizia che ha fatto l’attualità di questa settimana: in Francia il numero di posti di lavoro distrutti è stato il più elevato dagli anni ’30 e delle onde di violenza percorrono le banlieues; In Europa la recessione si consolida con i piani di rigore; negli Usa una annunciata ricaduta della crescita lascia intendere che la crisi è lontana dal termine; gli incendi in Russia e le inondazioni in Pakistan ci ricordano la forza della natura alla quale l’uomo aggiunge i propri squilibri.
D’altra parte quali le buone notizie? In Europa padroni trionfanti annunciano profitti record e versano nelle proprie tasche bonus mai visti; In Asia e in altre parti sfoggiano delle crescite insolenti.
Alcuni, tra i più potenti, come dire i più ricchi, comprendono le minacce risultati da tali disequilibri e agiscono: la decisione di qualche miliardario americano, tipo Bill Gates e Warren Buffet, di impiegare almeno la metà dei propri patrimoni ad azioni di sviluppo mostrano, meglio di tutti i G20, la presa di cosscienza della necessità di una sincera azione mondiale e il discredito nel quale sono caduti i governi; se un tale movimento si estenderà a macchia d’olio, avrà un impatto considerevole e farà nascere una sorta di plutocrazia planetaria, innesco di un governo mondiale a carattere censuario.
Per la Francia, in particolare, il rientro sarà difficile: un budget 2010 che frana e pieno di illusioni. Un potere politico che galleggia su onde ideologiche pericolose; una opposizione interamente occupata a guardare sè stessa ed incapace di proporre al Paese delle soluzioni credibili su nessun argomento. Il Paese sarà dunque, a settembre, davanti a terribili minacce senza alcuna seria riflessione.
(…) L’avvenire apparterrà a coloro i quali sapranno essere i più mobili, i più flessibili, i più rapidi, i meno fissi su certezze, nè professionali, nè geografiche, nè politiche. Poche persone sono veramente pronte, nel nostro vecchio paese sedentario, a una tale mobilità dello spirito e dei corpi.
Riflettere sul modo di prepararsi suppone delle mutazioni mentali e logiche: chi è veramente pronto a traslocare, a cambiare mestiere senza esserne costretto? Chi è veramente pronto ad affontare i problemi futuri per trovare delle soluzioni? Chi ha veramente riflettuto sul migliore uso che può fare, per lui e per i suoi, degli anni che gli restano da vivere? Chi si prepara ad essere al meglio di se stesso, formato, all’erta, mobile, all’ascolto delle minacce e delle attenzioni degli altri? Chi pensa davvero veramente a diventare se stesso, cioè a non restare ciò che gli altri decidono che lui sia?
Pensateci…
Qui l’articolo in lingua originale
(traduzione personale)
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