Questi sono alcuni dei principali risultati della ricerca realizzata dal Censis sulla base delle interviste svolte a 2000 italiani, rappresentativi degli elettori, all’uscita dei seggi nelle ultimi elezioni politiche. La ricerca viene presentata oggi a Roma nella sede del Censis da Giuseppe Roma, direttore generale da Giuseppe De Rita Presidente del Censis.
Le motivazioni del voto alle Politiche del 2008 mostrano il lento declino del richiamo a ideali e valori, e il ritorno del leader come mobilitatore di consenso.
Il 45% degli intervistati all’uscita dai seggi nelle recenti elezioni ha dichiarato di avere scelto sulla base della identificazione con i valori e gli ideali dello schieramento che ha votato, con una riduzione di 4,6 punti percentuali rispetto al 2006; a crescere in misura molto significativa è invece il peso del leader dal 13,7% del 2006 al 19,5% del 2008 (il dato più elevato in assoluto dal 1996), nonché l’influenza dei comportamenti assunti dallo schieramento votato negli ultimi anni cresciuta dall’8,3% al 12,3%.
Il momento elettorale riesce ancora ad attirare gli italiani, malgrado le ondate di critica della politica degli ultimi tempi, tuttavia per un quarto degli elettori nella loro vita quotidiana il rapporto con la politica ha un carattere patologico, è scambio di favori, richiesta di soluzione di problemi personali che, altrimenti, non sarebbero in grado di risolvere. Soprattutto nei comuni più piccoli e al centro-sud, dalle emergenze sanitarie alla ricerca di un posto di lavoro sino all’accelerazione delle pratiche della pensione, si evidenzia l’abitudine a rivolgersi a un politico per risolvere un problema e spesso per vedere tutelato un proprio diritto. Ben il 23,1% degli elettori si è rivolto alla politica per avere aiuto nella soluzione di un problema personale, ad esempio, per una emergenza di salute (6,1%), per la ricerca di un lavoro per un figlio o parente (5,2%), per garantire i propri diritti sul posto di lavoro (4,4%), per accelerare una pratica della pensione (3,5%) o per la realizzazione di un servizio pubblico nel quartiere (3,4%).
Dal governo, gli italiani, fortemente condizionati dalla percezione di vulnerabilità socioeconomica di cui l’erosione del potere d’acquisto è in questo momento l’espressione più manifesta, si aspettano non solo una riforma della politica e delle istituzioni, quanto interventi razionalizzatori sulla spesa pubblica. E’ forte l’attenzione verso la spesa pubblica, rispetto ai settori dove va aumentata emerge il riferimento alle infrastrutture (indicate dal 10,4% nel 1996 e dal 24,2% nel 2008, +13,8%), ai servizi pubblici come trasporti, rifiuti ecc, (+6,7%), alle spese per ordine pubblico e giustizia (+6,5%) nonché alle prestazioni previdenziali citate dal 27,6% nel 1996 e dal 33,9% nel 2008.
Nel tempo è dunque cresciuta la quota di elettori che chiede maggiori investimenti pubblici nelle infrastrutture e anche nei servizi pubblici essenziali come trasporti e rifiuti; e in una tornata elettorale in cui il localismo come orizzonte politico di costruzione del consenso elettorale è stato dominante, spicca la richiesta crescente di potenziare il ruolo dello Stato centrale, garante dell’equilibrio tra le varie parti del Paese. E’ sorprendente l’aumento della quota di italiani, passata dal 33,3% del 2001 al 46,1% del 2006 sino al 47,5% del 2008, convinti che in una nuova distribuzione di poteri tra le istituzioni occorre privilegiare il ruolo dello Stato centrale per assicurare l’equilibrio tra le varie parti del Paese; diminuisce, invece, la quota che richiama il potenziamento delle Regioni come rappresentanti degli interessi dei diversi territori (dal 39% del 2001 al 31,8% del 2006 al 28,4% del 2008), e risale lievemente (dal 22,1% del 2006 al 24,1% del 2008, dopo che era calato rispetto al 2001 quando il dato era risultato pari al 27,7%) la quota che vuole dare più potere a Comuni e Province perché sono le istituzioni più vicine ai cittadini.
A questa richiesta di potenziare un soggetto centrale capace di condensare le dimensioni territoriali più micro, si affianca la reiterata centralità della famiglia come soggetto sociale che, secondo oltre il 72% degli italiani (era stato il 56,1% nel 1996, il 23,2% nel 2001) deve essere sostenuto dallo Stato per migliorare il benessere complessivo della società italiana; cala il consenso verso le imprese che sono indicate come il soggetto da sostenere per il benessere collettivo dal 16,9% degli attori, quando erano state indicate dal 23,2% nel 2001 e dal 24,7% nel 1996.
La semplificazione del panorama partitico come presupposto per rendere più efficiente la macchina istituzionale ha giocato un ruolo nel determinare l’articolazione del consenso elettorale. Anche per le caratteristiche dell’offerta politica, gli italiani hanno perso di vista una collocazione ideale “al Centro” dove si posiziona l’8,9%, mentre entrambe le coalizioni maggiori risultano decisamente sbilanciate sui versanti estremi: il 27,7% degli elettori del Centro-destra si autodefiniscono di destra, mentre il 25,5% di quelli del Centro-sinistra, si autocollocano decisamente a sinistra.
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