Tim Jackson, docente di sostenibilità all’Università del Surrey e membro della Sustainable Development Commission della Gran Bretagna, è convinto che è possibile una nuova economia ambientale che produca benessere e ci faccia uscire dalla crisi senza tornare alle caverne e diventare tutti fraticelli. Il tutto in 11 punti:
1) Individuazione di “tetti massimi” di utilizzo delle risorse ed emissioni, e conseguenti obiettivi di riduzione
Fondamentale fissare dei “tetti” massimi per l’utilizzo delle risorse e per le emissioni prodotte, stabilendo obiettivi di riduzione. Tali “tetti”che derivano dall’analisi dei limiti ecologici, devono essere considerati in base al principio di equità per cui c’è chi dovrà inevitabilmente ridurre e quindi “scendere” e chi, invece, potrà “salire” per raggiungere il “tetto” indicato.
2) Una riforma fiscale per la sostenibilità
Interiorizzare le esternalità prodotte dalle attività economiche è un principio ormai accettato da almeno vent’anni. Dobbiamo però attivare una completa riforma fiscale ecologica, che sposti la pressione dagli elementi economici positivi (come il reddito) a quelli ecologici negativi (come l’inquinamento), tassandoli.
3) Sostegno per la transizione ecologica nei paesi in via di sviluppo
E’ evidente che per le nazioni più povere va fatto spazio alla crescita di cui hanno vitale bisogno. Tuttavia l’espansione di queste nazioni deve comportare anche l’esigenza di assicurare, da subito, che il loro sviluppo sia sostenibile e rimanga entro i limiti ecologici del pianeta e devono esserci supporti finanziari per questo.
4) Correggere il modello economico e sviluppare una macroeconomia ecologica
Un’economia fondata sull’infinita espansione dei consumi materialistici, basati a loro volta sull’indebitamento, è insostenibile dal punto di vista ecologico, problematica da quello sociale e instabile da quello economico. Per cambiare le cose occorre quindi sviluppare una nuova macroeconomia della sostenibilità. Abbiamo bisogno di un motore economico la cui stabilità non dipenda dalla continua crescita dei consumi ma dal mantenimento di buone condizioni ambientali e sociali.
5) Aumentare la prudenza finanziaria e fiscale
Negli ultimi vent’anni la crescita economica si è basata sui consumi materiali basati sull’indebitamento e per sostenerli siamo giunti a destabilizzare la macroeconomia, contribuendo all’attuale crisi globale economico-finanziaria. E’ indispensabile attivare una riforma della regolamentazione dei mercati finanziari nazionali e internazionali. E’ importante anche applicare la cosiddetta “Tobin tax”, concepita dal premio Nobel per l’economia James Tobin, da utilizzare per limitare la mobilità del capitale in generale o per finanziare lo sviluppo dei paesi emergenti (ridistribuendo le entrate fiscali sotto forma di aiuti)
6) Rivedere la contabilità nazionale
Bisogna costruire nuovi indicatori di benessere capaci di affiancare o sostituire il PIL (Prodotto Interno Lordo). Ne sono stati prodotti diversi, ora è necessario applicarli e in questo campo il WWF è molto attivo con l’iniziativa Beyond GDP (il GDP è l’acronimo inglese del PIL e sta per Gross Domestic Product) insieme alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo, al Club di Roma e all’OCSE. I tempi sono ormai maturi per sviluppare una contabilità nazionale in grado di dare una misura più adeguata della performance economica.
7) Politiche sull’orario di lavoro
E’ necessario intervenire sulle politiche degli orari di lavoro per dare vita a un’economia sostenibile e favorire un miglior equilibrio tra vita e lavoro
8) Affrontare le ingiustizie
Le disparità di reddito hanno effetti negativi sia sulla salute individuale sia sul benessere sociale. E’ necessario affrontare queste iniquità permettendo così di ridurre i costi sociali, migliorare la qualità della vita e cambiare la dinamica dei consumi.
9) Misurare le capacità e la felicità umana
E’ necessaria una valutazione sistematica delle capacità di essere felici che hanno le persone nei diversi segmenti demografici.
10) Rafforzare il capitale sociale
E’ importante creare comunità sociali resilienti e resistenti, più che mai necessarie di fronte agli shock economici. La forza della comunità può fare la differenza tra disastro e trionfo rispetto ai tracolli economici. Sono necessarie politiche per aumentare il capitale sociale e rafforzare le comunità.
11) Smantellare la cultura del consumismo
Il consumismo in parte si è sviluppato come mezzo per proteggere la crescita economica basata sui consumi e la cultura consumistica è trasmessa da istituzioni, media, norme sociali e da una pletora di segnali, velati o meno, che incoraggiano la gente a esprimersi, cercare un’identità e trovare il significato della propria vita attraverso beni materiali. Dipanare la cultura del consumismo e cambiare la sua logica sociale richiederà uno sforzo consistente e metodico, quanto quello che in passato ci ha permesso di consolidare questo modello. È importante notare però che non si tratterà solo di una serie di rinunce: si dovranno offrire alle persone anche alternative realistiche allo stile di vita consumistico, incrementando la loro capacità di essere felici in modi meno materialistici.
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