Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

Bill Clinton: discorso della convention democratica di Charlotte 2012 – traduzione italiano

Se si vuole comprendere cosa dovrebbe essere la politica, come e cosa dovrebbero dire i politici, un esempio recentissimo ed efficace è il discorso di Bill Clinton alla Convention Democratica di Charlotte dove Barack Obama ha ricevuto l’investitura di candidato democratico per le prossime elezioni presidenziali del 2012. Nei giorni scorsi è stato ampiamento analizzato, smontato e rimontato e molti lo considerano tra i migliori discorsi politici tenutisi per stile, puntualità, capacità di argomentazione e via discorrendo. Personalmente credo anch’io nell’importanza di questo discorso al di là della contingenza elettorale, ma ciò che davvero debba lamentarsi nel nostro Paese è la distanza tra un Bill Clinton e quello che normalmente sentiamo attraverso i media nazionali: con tutto il rispetto preferisco Bill Clinton a Beppe Grillo e ad altri politici affermati o meno della nostra povera Italia di oggi. Per farsi comunque un’idea propongo il video del discorso di Clinton e il link ad una buona traduzione dello stesso discorso in italiano a cura di Miriam Goi

Innovazione politica: l’esempio americano

Bill Clinton, durante il suo discorso alla Convention democratica di Charlotte che ha confermato Barack Obama come candidato, ha affermato che negli ultimi 52 anni, l’economia americana ha creato 66 milioni di posti di lavoro durante i 24 anni di governo democratico contro i 24 milioni rendicontati nei 28 anni di governo repubblicano. Gli americani, che noi spesso crediamo un po’ “fresconi”, amano controllare quello che i loro uomini politici dicono mediante il cosiddetto fact-checking. In questo caso l’onere del controllo se l’è preso la Cnn scoprendo che Clinton ha persino sottostimato i dati del periodo democratico e sovrastimato quelli repubblicani. Il fatto è stato ben ripreso da Luca De Biase e mi sembra davvero puntuale riportare il suo commento guardando le cose politiche di casa nostra.

Gli italiani sono abituati a sentir dire dai politici che i loro avversari mentono. E accolgono questo genere di affermazioni con un cinismo disperato. Ma una delle grandi riforme della politica della quale abbiamo bisogno è che almeno un poco del discorso politico sia basato su fatti documentati, ottenuti con un metodo condiviso. E si può scommettere che sarebbe un’innovazione capace di generare consenso nei politici che l’adottassero.

Un’idea per la politica: la Giustizia

L’idea di giustizia sembra davvero scomparsa dalla discussione politica odierna. I nuovi turbo-liberal-liberisti non la prendono più nemmeno in considerazione, la ritengono solo d’impiccio di fronte all’agognata crescita a tutti i costi. Nessuno pone in discussione la necessità dell’innovazione, della trasformazione, del rinnovamento. La crescita stessa è un concetto che viene declinato con mille sfumature, ma di cui non riesce a far a mano nemmeno chi propaganda la decrescita. Ma come ottenerla e come distribuirla risulta un fastidioso problema di cui non è necessario occuparsi in tempi di crisi. E invece non è così. Semplicemente, in una società dove il benessere di ciscuno dipende da un sistema di cooperazione al di fuori del quale nessuno può condurre una vita “possibile” bisogna introdurre un barlume di idea di giustizia che possa guidare tempi difficili come quelli attuali. Così, oggi, le ineguaglianze economiche e sociali possono essere sopportabili solo e soltanto se producono benefici compensativi significativi per ciascuno, soprattutto per le figure meno avvantaggiate della società. Non è quindi in nessun modo più giustificabile che i sacrifici di alcuni siano compensati da un maggior bene aggregato, una cifra media tra chi compone la società. La situazione attuale dove alcuni hanno meno, anzi perdono rispetto al passato, affinchè altri possano prosperare, potrebbe anche apparire utile, ma semplicemente non è giusto. Nessuno riesce più a parlare questo linguaggio, che in fondo è patrimonio comune sia dei sedicenti “comunitaristi” che dei cosiddetti “liberali”. Personalmente, con alcuni amici, abbiamo deciso di porre nuovamente queste questioni al centro del dibattito politico, anche senza targhe, uomini della provvidenza, ricchi sponsor e quant’altro. Rimboccandoci le maniche e prendendo le nostre responsabilità in prima persona, senza reti protettive. E tra poco tempo, per chi possiede questi sentimenti, saremo più chiari. Non perdeteci d’occhio…

Mi sono stufato e Grillo non ha ragione, ma forse anche sì

Probabilmente ho difficoltà di digestione e non capisco bene come si sta muovendo la politica oggi. Leggevo quà e là alcune note trovate sul web sulle miniere del Sulcis, l’evasione fiscale, la giustizia, la necessità di rinnovamento, la crescita e via discorrendo. Non posso però davvero fare a meno di chiedermi dove eravamo tutti in questi ultimi anni. Per tenersi larghi, perchè, chiaramente, io so dove stavo negli ultimi anni. Però tutta questa foga di ricercare l’untore politico non mi convince più di tanto. Perchè se c’è l’evasione fiscale la politica avrà anche i suoi demeriti, ma la colpa rimane degli evasori. Così per il resto. Se il nostro Paese non cresce e le aziende tedesche sì, magari potremmo anche pensare che abbiamo una classe industriale che non è semplicemente in grado di fare quel lavoro e che è ora che la smetta di riempirsi la pancia con contributi pubblici per manifatture che essi stessi hanno portato alla cottura. E anche come capacità di venirne fuori non siamo messi meglio. Leggevo sul sito di Fermare il declino la storia delle miniere sarde ripresa giornalisticamente. Va bene, la storia la sappiamo e quindi? Se si vuole far politica bisognerebbe anche rispondere ai minatori e capire come farli uscire da una condizione estremamente “subordinata”, non a rammentargli la condizione del loro settore, che loro e tutti noi sappiamo. E poi tutti quanti pare abbiano smarrito come la politica debba incidere sull’idea di Giustizia che dovrebbe informare le nostre istitutzioni e le nostre scelte. Già, perchè è inutile continuare a parlare di crescita se poi non sappiamo quale idea base la distribuirà: tutta questa crescita promessa la daremo ancora una volta in mano, oltre alla vecchia politica, a industriali incapaci o evasori furbetti o economisti ragionieri? Mi sono davvero stufato di questo balletto di “esperti” che riducono tutto ad una partita di giro economica e che già in passato avevano preso qualche tram sbagliato. Mi sono anche stufato degli equilibrismi democratici, del nuovo “centrino” e di altre amenità del genere. Grillo, a mio modesto parere sbaglia, ma è comprensibile perchè muove gli aderenti del MoVimento 5 stars: sbaglia e non andrò con lui, ma certamente ci ha indicato una via utile, forse persino sana. Bisogna rimboccarsi le maniche da soli, senza attendere uomini del destino, darsi da fare senza rete, dal basso. Bisogna andare ancora oltre e non aver paura di non avere griffes.

Carbosulcis: io sto con i minatori sardi

Assange, l’Ecuador, gli Usa, la Gran Bretagna, Garzon e le banane

Perché Assange ha scelto l’Ecuador? Come mai il Foreign Office inglese sta gettando la spugna? Che legame esiste tra il giudice spagnolo Garzon, Assange, Lagarde? E perché Lula, Morales e Chavez hanno deciso di aiutare l’Ecuador facendo irritare gli Stati Uniti? Cosa lega Wikileaks e le banane? Se questa ricostruzione è vera potrebbe avere la forza della nitroglicerina…

Fermare il declino. Fermiamo il delirio liberista

“Fermare il declino” è il titolo del manifesto di quello che si candida ad essere un nuovo partito liberale-liberista-libertarian, promosso da alcuni liberisti noti al grande pubblico come Oscar Giannino e Michele Boldrin. Al manifesto hanno aderito anche diversi esponenti del partito di Fini e della fondazione di Luca Cordero di Montezemolo. Su Keynes blog una puntuale confutazione e critica del manifesto liberista…

In conclusione, il manifesto “Fermare il declino” potrebbe tradursi in “accelerare la caduta” o “ripetere gli stessi errori”. I suoi estensori appaiono in definitiva animati da una sorta di visione “delirante” della crisi, in quanto staccata dalla realtà dei fatti e spesso autocontraddittoria. Ma, al di là della buona fede di costoro, il ridimensionamento del settore pubblico ha ben altri e più smaliziati sponsor.

La vela a Londra 2012

La vela nel mio cuore

Il silenzio del Pd e Sel sulle banche

Un bell’articolo di Giuliano Garavini su Pubblico che vale la pena di leggere

Ci sono delle cose dell’economia che non possono essere dette in pubblico. Una di queste, lo sottolineano acutamente sia Luciano Gallino che Paul Krugman in recenti contributi, è che la crisi che stiamo vivendo non è una crisi del debito pubblico ma una crisi della finanza. In altre parole: le banche e la loro regolazione sono il male, mentre il debito pubblico non è che una manifestazione di questo come di altri mali che andrebbero curati alla radice. L’ulteriore riprova dell’indicibile è il “decalogo” prodotto dal Partito democratico in vista delle prossime elezioni politiche. Nella carta in questione si cercheranno inutilmente i termini “banche” e “finanza”. Il paradosso è che mentre si cercano soluzioni al delitto della crisi economica, i maggiori indiziati – ricercati dai movimenti sociali di tutto il mondo – non figurano neppure. Per inciso: anche nella carta d’intenti di SEL, pur trovandosi un meritorio riferimento alla necessità di rinegoziare i trattati europei e di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie, le parole sulla riforma del sistema bancario sono sostanzialmente assenti.

Il mondo si scalda

James Hansen non è proprio l’ultimo arrivato. Direttore dell’Istituto Goddard per gli studi della Nasa, aveva già presentato un rapporto al Senato degli Stati Uniti in cui aveva ipotizzato un aumento del riscaldamento climatico causato dalle attività dell’uomo. Oggi ha rincarato la dose in un articolo sul Washington Post, dichiarando di essere stato anche troppo ottimista rispetto alle previsioni. Le stesse ondate di caldo e siccità del 2003 in Europa e del 2010 in Russia sarebbero causate proprio dall’aumento delle attività climalteranti umane, con l’aggravante di un incremento della velocità che non promette nulla di buono