Sono sia sorpreso che onorato dalla decisione del Comitato del Nobel. Siamo chiari: non lo considero un riconoscimento per i miei meriti personali, ma piuttosto una conferma della leadership americana e delle aspirazioni di tutti i popoli. Per essere onesti, non credo di meritare di stare in compagnia di tante figure che hanno vinto il premio in passato – uomini e donne che mi hanno ispirato, e hanno ispirato il mondo intero, attraverso la loro coraggiosa ricerca di pace. Ma so anche che questo premio riflette il tipo di mondo che questi uomini e donne – e tutti gli americani – vogliono costruire, un mondo che dia vita alle promesse della nostra Costituzione. E so che nella storia il Premio Nobel non è stato solo usato per rendere onore a una specifica conquista, ma è stato anche un mezzo per incoraggiare sfide importanti. Ecco perché accetto il premio come chiamata ad agire – una chiamata per tutte le nazioni a condividere le sfide del ventunesimo secolo.
Queste sfide non possono essere sulle spalle di un solo leader o di una sola nazione. Ecco perché il mio governo ha lavorato per creare una nuova era di impegno, in cui tutte le nazioni devono prendersi la loro responsabilità nei confronti del futuro. Non possiamo tollerare un mondo in cui si diffondono armi nucleari e dove il rischio di un olocausto atomico mette a repentaglio la vita delle persone. Ecco perché abbiamo fatto passi concreti verso un mondo senza armi nucleari in cui tutte le nazioni hanno il diritto di usare pacificamente l’energia nucleare, ma hanno anche la responsabilità di dimostrare le loro intenzioni.
Non possiamo accettare la minaccia crescente dei cambiamenti di clima che può danneggiare per sempre il mondo che lasceremo ai nostri figli – creando guerre e carestie, distruggendo le coste e svuotando le città. Ecco perché le nazioni devono accettare la loro parte di responsabilità per cambiare il modo in cui usiamo l’energia.
Non possiamo accettare che le differenze tra popoli definiscano il modo in cui ci vediamo l’un l’altro: dobbiamo cercare un nuovo inizio tra gente di fedi, razze e religioni diverse. Un inizio basato sull’interesse comune e il rispetto comune. Dobbiamo fare la nostra parte per risolvere i conflitti che hanno causato tanto dolore per così tanti anni, e questo sforzo deve includere un impegno che finalmente riconosca a israeliani e palestinesi il diritto di vivere in pace e sicurezza nelle proprie nazioni.
Non possiamo accettare un mondo in cui alla maggior parte della gente siano negate: la possibilità di avere un’istruzione e fare una vita decente; la sicurezza di non dover vivere nella paura della malattia o della violenza, senza speranze per il futuro.
E anche se tentiamo di costruire un mondo in cui i conflitti si risolvano pacificamente e la prosperità sia condivisa, dobbiamo confrontarci con il mondo che conosciamo oggi. Sono il comandante in capo di una nazione responsabile di aver concluso una guerra e che si è confrontata con un avversario spietato che minaccia il popolo americano e i nostri alleati. Sono anche cosciente che stiamo affrontando una crisi economica globale, che ha lasciato milioni di americani senza lavoro. Sono questioni che affronto quotidianamente, ma una parte di questo lavoro non potrà essere conclusa prima della fine della mia presidenza. Una parte, come l’eliminazione delle armi nucleari, non potrà essere finita prima della fine della mia vita. Ma so che queste sfide si possono vincere, se si riconosce che non può farlo una nazione da sola, un popolo da solo. Questo premio non è solo per gli sforzi del mio governo, ma per gli sforzi coraggiosi della gente di tutto il mondo.
Ecco perché questo premio va condiviso con chi combatte per la giustizia e la dignità: con la giovane donna che cammina nelle strade per difendere il suo diritto a essere ascoltata, anche di fronte alla violenza e ai proiettili; con la leader imprigionata in casa sua, perché si rifiuta di abbandonare la lotta per la democrazia; con il soldato che è morto per gli altri e per tutti gli uomini e le donne nel mondo che sacrificano sicurezza e libertà, e a volte le loro vite, per la pace.
Questa è sempre stata la missione dell’America. Ecco perché il mondo ha sempre guardato all’America. Ed ecco perché credo che l’America continuerà a essere una guida.
Queste sfide non possono essere sulle spalle di un solo leader o di una sola nazione. Ecco perché il mio governo ha lavorato per creare una nuova era di impegno, in cui tutte le nazioni devono prendersi la loro responsabilità nei confronti del futuro. Non possiamo tollerare un mondo in cui si diffondono armi nucleari e dove il rischio di un olocausto atomico mette a repentaglio la vita delle persone. Ecco perché abbiamo fatto passi concreti verso un mondo senza armi nucleari in cui tutte le nazioni hanno il diritto di usare pacificamente l’energia nucleare, ma hanno anche la responsabilità di dimostrare le loro intenzioni.
Non possiamo accettare la minaccia crescente dei cambiamenti di clima che può danneggiare per sempre il mondo che lasceremo ai nostri figli – creando guerre e carestie, distruggendo le coste e svuotando le città. Ecco perché le nazioni devono accettare la loro parte di responsabilità per cambiare il modo in cui usiamo l’energia.
Non possiamo accettare che le differenze tra popoli definiscano il modo in cui ci vediamo l’un l’altro: dobbiamo cercare un nuovo inizio tra gente di fedi, razze e religioni diverse. Un inizio basato sull’interesse comune e il rispetto comune. Dobbiamo fare la nostra parte per risolvere i conflitti che hanno causato tanto dolore per così tanti anni, e questo sforzo deve includere un impegno che finalmente riconosca a israeliani e palestinesi il diritto di vivere in pace e sicurezza nelle proprie nazioni.
Non possiamo accettare un mondo in cui alla maggior parte della gente siano negate: la possibilità di avere un’istruzione e fare una vita decente; la sicurezza di non dover vivere nella paura della malattia o della violenza, senza speranze per il futuro.
E anche se tentiamo di costruire un mondo in cui i conflitti si risolvano pacificamente e la prosperità sia condivisa, dobbiamo confrontarci con il mondo che conosciamo oggi. Sono il comandante in capo di una nazione responsabile di aver concluso una guerra e che si è confrontata con un avversario spietato che minaccia il popolo americano e i nostri alleati. Sono anche cosciente che stiamo affrontando una crisi economica globale, che ha lasciato milioni di americani senza lavoro. Sono questioni che affronto quotidianamente, ma una parte di questo lavoro non potrà essere conclusa prima della fine della mia presidenza. Una parte, come l’eliminazione delle armi nucleari, non potrà essere finita prima della fine della mia vita. Ma so che queste sfide si possono vincere, se si riconosce che non può farlo una nazione da sola, un popolo da solo. Questo premio non è solo per gli sforzi del mio governo, ma per gli sforzi coraggiosi della gente di tutto il mondo.
Ecco perché questo premio va condiviso con chi combatte per la giustizia e la dignità: con la giovane donna che cammina nelle strade per difendere il suo diritto a essere ascoltata, anche di fronte alla violenza e ai proiettili; con la leader imprigionata in casa sua, perché si rifiuta di abbandonare la lotta per la democrazia; con il soldato che è morto per gli altri e per tutti gli uomini e le donne nel mondo che sacrificano sicurezza e libertà, e a volte le loro vite, per la pace.
Questa è sempre stata la missione dell’America. Ecco perché il mondo ha sempre guardato all’America. Ed ecco perché credo che l’America continuerà a essere una guida.
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