La Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso ha dichiarato di voler investire circa 300 milioni di € in un grande progetto di energie rinnovabili. “Partiremo in quarta” – ha affermato – “non con iniziative sperimentali, ma a tappeto. Tutti gli edifici pubblici produrranno energia solare, geotermica o dalle biomasse”. Sicuramente ottimo. Ciò che personalmente mi convince di più è forse la seconda parte della dichiarazione. “Vogliamo attrarre imprese e finanziare studi. Useremo il patrimonio pubblico per avviare un programma di attrazione di investimenti e aziende. Vogliamo che si trasferiscano in Piemonte per produrre beni strumentali e tecnologie per le nuove fonti di energia”. Spero comunque che la Presidente Bresso possa mettere a frutto in maniera ottimale i suoi stessi insegnamenti di economia ecologica a cui, almeno una parte di noi, deve la novità di non poter più considerare l’ambiente avulso dall’analisi economica, schiacciando l’acceleratore anche su altre parti che al momento sembrano solo accennate ma che sono, probabilmente, assolutamente ineludibili. Uno strumento di accompagnamento potrebbe essere un forte e stringente miglioramento della domanda pubblica, per cui l’istituzione pone condizioni specifiche “spinte” nella richiesta dei prodotti che utilizza. Ciò rappresenta non solo uno stimolo globale, ma supera anche il metodo di sostegno diretto alle fasi del processo di innovazione. Tale condizione deve avere un esteso arco temporale, dimensione adeguata, concentrata appunto in settori ad “alto contenuto di conoscenza”. Attraverso quindi contratti riguardanti beni acquistati, l’operatore pubblico controllerebbe l’accesso alla ricerca evitando duplicazioni di costi. Credo inoltre sia necessario anche un chiarimento su come la convenienza all’introduzione delle tecnologie “pulite” debba essere determinata dal confronto tra i costi ed i benefici sociali, e non solo privati. E’ necessario prendere in considerazione come il privato per sua natura trascuri costi e benefici esterni o i vantaggi per la collettività. La mano pubblica non può in questo caso estraniarsi dal problema, ma forse deve assumere nuove caratteristiche e nuovi obbiettivi. Un compito può essere quello di cercare di minimizzare il costo del raggiungimento dell’obbiettivo fissato di controllo dell’inquinamento, comprendendo tra i costi quelli relativi agli strumenti e abbattendo quindi la divergenza tra il valore sociale e quello privato dell’attività innovativa. Con una sorveglianza politica ancora più stretta, abbandonando finanziamenti a pioggia in settori non consoni all’azione pubblica e soprattutto, dato che parliamo di impiego di ricchezza sociale, concentrazione degli interventi su obiettivi di naturale produttività pubblica.
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