Dopo Al Gore, il comitato per il Nobel non cessa di stupirci. Il trio di americani Nobel ex-aequo per l’economia, entra di forza anche nella nostra discussione su qualità dell’aria e limitazioni del traffico. Strano, ma è così e qualche economista come l’ex ministro Siniscalco lo ha indirettamente ricordato.
Ricerche che hanno portato ad individuare “un metodo per fissare l’allocazione più efficiente delle risorse impiegate in un modello” dicono da Oslo o semplicemente “si tratta di capire quali informazioni rilevate nella nostra società possono essere utilizzate per meglio distribuire le risorse” secondo Myerson, uno dei tre.
In sostanza il campo di analisi premiato è importante per la smitizzazione della fede nell’ideologia del mercato ed è utile per comprendere come l’oggetto dei fallimenti del mercato vada affrontata con la comprensione dei meccanismi e non con la semplice repressione o rifiuto.
Inquadrando meglio il nostro problema diciamo che il sistema economico funziona bene quando alloca (cioè distribuisce) in maniera ottimale i beni fra potenziali consumatori, non vi è spreco di risorse e domanda ed offerta si incontrano.
Il problema è che questo stato di cose non si verifica perché l’attività produttiva, come anche quella del consumatore, non tiene conto delle cosiddette esternalità negative, ossia dei danni provocati alla società (inquinamento, malattie professionali, uso del suolo…) senza che questa possa averne un risarcimento.
“Una esternalità negativa costituisce un danno provocato a terzi da un soggetto nel corso della sua attività, senza che preesistesse un accordo da parte di questi di assumerlo e senza che venga una compensazione a posteriori” come chiarisce Mercedes Bresso.
L’esempio classico è quello dell’emissione di fumi di una fabbrica, ma la stessa cosa vale anche per le marmitte delle nostre auto. In sostanza prendo aria pulita (bene pubblico, comune, non escludibile) e reimmetto aria con sostanze dannose.
Purtroppo il consumo di questo bene non è infinito e la collettività, nel suo insieme subisce un danno dal fatto che un singolo inquini molto più degli altri, oltre al fatto che è difficile imputare in maniera precisa ad un singolo attore e quindi nessuno in sostanza risponde del danno alla società.
Alla fine il meccanismo di “allocazione” dei costi e dei benefici secondo il mercato funziona male. E’ il classico caso di “fallimento del mercato”: qualcuno ha un vantaggio dallo sfruttamento di un bene di tutti senza pagarne le conseguenze così come danneggia la salute altrui senza fornire adeguati risarcimenti.
Il sistema di mercato “fallisce” quindi nei confronti delle risorse ambientali perché esse hanno natura di beni pubblici o di beni liberi, senza diritti di proprietà: esso non è in grado di funzionare e determinare dei prezzi utili per ripartire le risorse in modo efficiente fra usi alternativi.
L’operatore pubblico deve allora intervenire per colmare le carenze del mercato: ricreando le condizioni di efficienza economica, definendo i diritti di proprietà per le risorse che ne sono prive o regolamentando con vari strumenti il loro uso.
L’inquinamento rappresenta quindi un vero fattore negativo economico sia micro che macroeconomico. Non conviene alla società nella sua interezza. Conviene a pochi, ma non produce sviluppo economico (che è cosa diversa dalla crescita), anzi distrae risorse che comprimono l’economia.
Prescindendo dalle considerazioni sanitarie, a me comprensibilmente care, chi inquina assorbe risorse che devono essere impiegate per l’equità sociale, per lo sviluppo. Lasciare che il sistema continui nella maniera attuale, rafforza questo messaggio negativo, lo perpetua e fa in modo che chi, anche non consapevolmente, provoca il danno, sia incoraggiato a continuare.
E’ una vera e propria contraddizione, infondata dal punto di vista economico, dire che le limitazioni a chi inquina provocano una regressione economica. Provoca invece polverizzazione di risorse, non dà un chiaro messaggio alla produzione ed impiego di prodotti tecnologicamente avanzati che possono dare un vantaggio competitivo economico sul mercato globalizzato.
Queste considerazioni a mio avviso dovrebbero costituire, insieme a quelle sanitarie, il preliminare di ogni discussione sui singoli provvedimenti. Cosa poi questi premi Nobel ci suggeriscono, anche per il nostro smog, sarà l’argomento di prossime puntate.
Ricerche che hanno portato ad individuare “un metodo per fissare l’allocazione più efficiente delle risorse impiegate in un modello” dicono da Oslo o semplicemente “si tratta di capire quali informazioni rilevate nella nostra società possono essere utilizzate per meglio distribuire le risorse” secondo Myerson, uno dei tre.
In sostanza il campo di analisi premiato è importante per la smitizzazione della fede nell’ideologia del mercato ed è utile per comprendere come l’oggetto dei fallimenti del mercato vada affrontata con la comprensione dei meccanismi e non con la semplice repressione o rifiuto.
Inquadrando meglio il nostro problema diciamo che il sistema economico funziona bene quando alloca (cioè distribuisce) in maniera ottimale i beni fra potenziali consumatori, non vi è spreco di risorse e domanda ed offerta si incontrano.
Il problema è che questo stato di cose non si verifica perché l’attività produttiva, come anche quella del consumatore, non tiene conto delle cosiddette esternalità negative, ossia dei danni provocati alla società (inquinamento, malattie professionali, uso del suolo…) senza che questa possa averne un risarcimento.
“Una esternalità negativa costituisce un danno provocato a terzi da un soggetto nel corso della sua attività, senza che preesistesse un accordo da parte di questi di assumerlo e senza che venga una compensazione a posteriori” come chiarisce Mercedes Bresso.
L’esempio classico è quello dell’emissione di fumi di una fabbrica, ma la stessa cosa vale anche per le marmitte delle nostre auto. In sostanza prendo aria pulita (bene pubblico, comune, non escludibile) e reimmetto aria con sostanze dannose.
Purtroppo il consumo di questo bene non è infinito e la collettività, nel suo insieme subisce un danno dal fatto che un singolo inquini molto più degli altri, oltre al fatto che è difficile imputare in maniera precisa ad un singolo attore e quindi nessuno in sostanza risponde del danno alla società.
Alla fine il meccanismo di “allocazione” dei costi e dei benefici secondo il mercato funziona male. E’ il classico caso di “fallimento del mercato”: qualcuno ha un vantaggio dallo sfruttamento di un bene di tutti senza pagarne le conseguenze così come danneggia la salute altrui senza fornire adeguati risarcimenti.
Il sistema di mercato “fallisce” quindi nei confronti delle risorse ambientali perché esse hanno natura di beni pubblici o di beni liberi, senza diritti di proprietà: esso non è in grado di funzionare e determinare dei prezzi utili per ripartire le risorse in modo efficiente fra usi alternativi.
L’operatore pubblico deve allora intervenire per colmare le carenze del mercato: ricreando le condizioni di efficienza economica, definendo i diritti di proprietà per le risorse che ne sono prive o regolamentando con vari strumenti il loro uso.
L’inquinamento rappresenta quindi un vero fattore negativo economico sia micro che macroeconomico. Non conviene alla società nella sua interezza. Conviene a pochi, ma non produce sviluppo economico (che è cosa diversa dalla crescita), anzi distrae risorse che comprimono l’economia.
Prescindendo dalle considerazioni sanitarie, a me comprensibilmente care, chi inquina assorbe risorse che devono essere impiegate per l’equità sociale, per lo sviluppo. Lasciare che il sistema continui nella maniera attuale, rafforza questo messaggio negativo, lo perpetua e fa in modo che chi, anche non consapevolmente, provoca il danno, sia incoraggiato a continuare.
E’ una vera e propria contraddizione, infondata dal punto di vista economico, dire che le limitazioni a chi inquina provocano una regressione economica. Provoca invece polverizzazione di risorse, non dà un chiaro messaggio alla produzione ed impiego di prodotti tecnologicamente avanzati che possono dare un vantaggio competitivo economico sul mercato globalizzato.
Queste considerazioni a mio avviso dovrebbero costituire, insieme a quelle sanitarie, il preliminare di ogni discussione sui singoli provvedimenti. Cosa poi questi premi Nobel ci suggeriscono, anche per il nostro smog, sarà l’argomento di prossime puntate.
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