Il sistema ospedaliero pubblico di New York ha introdotto un cambiamento epocale nella modalità di retribuzione dei propri medici. Al posto di aumenti salariali automatici, il nuovo sistema si baserà sulla capacità di miglioramento della performance dei sanitari: capacità di contenimento dei costi delle terapie, aumento della soddisfazione dei pazienti, miglioramento della qualità delle cure, miglior coordinamento delle cure. Il nuovo regime, come annunciato da un editoriale del New York Times, è già a regime in tre istituzioni da considerare tra le più importanti della città e certamente tra le più blasonate nella comunità scientifica internazione quali la Mount Sinai School of Medicine, la New York University School of Medicine e il Physician Affiliate Group of New York, coinvolgendo più di 3000 medici. Tale tipo di sperimentazione non è in verità così nuova o sconosciuta come appare. Basterebbe richiamare ad esempio la sperimentazione, ormai oggetto di studi, compiuta ad Amsterdam sui medici di base che diede risultati rimarchevoli. Chiaramente questi tipi di esperienze non possono essere valutate o importate tout court in sistemi sanitari completamente diversi come quelli continentali, ma sarà sicuramente da osservare con attenzione anche al di qua dell’Atlantico. Come non siamo dei fautori del sistema sanitario americano – di cui peraltro esistono diverse favole metropolitane ed è poco conosciuto nel nostro Paese – non possiamo però demonizzare cambiamenti che porteranno a modificazioni significative sull’organizzazione del lavoro delle professioni sanitarie che ci investirà. Prima o poi.
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