Leggere la prima indagine dell’OCSE sulle competenze dei cittadini di 24 Paesi (PIAAC) è un’esercizio davvero faticoso. Non tanto per la complessità dei dati ma per lo sconforto di ritrovare tutto il degrado del nostro Paese certificato negli ultimi posti per ciò che riguarda le competenze linguistiche e matematiche della popolazione adulta tra i 16 ed i 65 anni. Ciò che però davvero colpisce sono alcune conclusioni non troppo scontate dello stesso studio ben riassunte in un articolo di Michele Pellizzari: “Tuttavia, la scuola non è la sola responsabile di questi risultati così scadenti. Infatti, l’indagine Piaac suggerisce che una parte molto importante delle competenze si acquisiscono al di fuori del sistema di istruzione formale, principalmente sul posto di lavoro. Allora, le cause della debacle italiana sono da ricercare anche nello scarso livello di formazione offerta dalle imprese e, forse ancor di più, al fatto che la nostra struttura industriale è concentrata in settori a scarso tasso di innovazione e che non favoriscono lo sviluppo delle competenze. E molto probabilmente i dati Piaac, focalizzandosi sulle nozioni fondamentali di lettura, scrittura e calcolo, sottostimano l’importanza della formazione non scolastica, che in larga parte coinvolge competenze molto più pratiche. (…) L’indagine Piaac permette anche di studiare nel dettaglio la relazione tra competenze e mercato del lavoro e mostra come, in Italia ma anche in molti altri paesi, la competenze linguistica e matematica degli occupati non sia poi così dissimile da quelle dei disoccupati o degli inattivi (Figura 5). Da un lato questo risultato lascia intuire l’enorme potenziale di crescita del nostro paese, dove percentuali elevatissime di persone non sono occupate (il 43,2 per cento). E tuttavia, un tale spreco di capacità produttive segnala anche gravi inefficienze nel funzionamento del mercato del lavoro, che non è in grado di offrire un impiego adeguato alle persone più competenti.
In realtà l’inefficienza del mercato del lavoro si nota non solo nel confronto tra occupati e non occupati ma anche dalla misure del cosiddetto mismatch, ovvero dalla percentuale di lavoratori occupati che non utilizzano al meglio le proprie competenze. L’indagine Piaac segna un grande passo anche nella qualità delle misure di mismatch che siamo in grado di calcolare perché consente di avere per ogni lavoratore intervistato sia i test delle competenze linguistiche e matematiche sia informazioni riguardo alle attività che egli svolge quotidianamente sul posto di lavoro. Nell’indagine si chiede, per esempio, se e quanto spesso l’intervistato utilizza il computer o legge testi scritti o svolge calcoli matematici e così via. L’Italia è uno dei paesi con la percentuale più elevata di lavoratori under-skilled (più di noi solo Cipro e la Gran Bretagna), ovvero lavoratori che non possiedono le competenze sufficienti per svolgere il proprio lavoro in modo adeguato, e con una percentuale di lavoratori over-skilled, ovvero con competenze più elevate rispetto a quanto necessario per svolgere il proprio lavoro, superiore alla media”. Magari ripartiamo da qui se vogliamo riformare davvero qualcosa
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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