Al di là delle piccole polemiche e beghe di bottega, la nuova legge elettorale per le europee (con sbarramento al 4%) sicuramente consoliderà l’idea che le regole democratiche possono essere piegate dalla semplice convenienza del momento. Convenienza non dell’elettorato, ma dei raggruppamenti che in nel tal momento possiedono maggiore forze. Raggruppamenti che possono essere anche diversi dai partiti politici e che possono ottenere convenienze su altri argomenti: giustizia, sanità, industria e via dicendo.
Dal punto di vista strettamente politico è chiaro che la stessa capacità di innovazione politica ( e la capacità di diversa offerta) viene fortemente menomata, data la difficoltà stessa di presentarsi e di ottenere l’attenzione dei cittadini votanti, che decideranno nel tempo se premiare o meno quell’offerta. Il rischio potrebbe a questo punto essere rappresentato dal tentativo di superare questo cono d’ombra mediate azioni, sotterfugi o altra modalità diversa dalla via elettorale che, almeno fino a oggi, mi sembrava essere quella individuata al momento della formazione del nostro Stato nel 1946. E, specularmente, il fatto che il Partito Democratico per restare in piedi debba ricorrere a questi artifici, ne farà fallire la sua presunta ragione fondativa: non il campione dell’innovazione politica, ma solamente l’unica cosa che resta in piedi, scoria del passato senza progetto se non quello di sopravvivere a spese altrui. In biologia questo atteggiamento viene chiamato parassitismo, e non sempre provoca la sopravvivenza del parassita e del suo ospite.
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