Questa mattina, leggendo la pagina torinese di Repubblica sono rimasto di sasso. In prima pagina campeggiava il titolo di un articolo scritto da Davide Gariglio: “l’importanza delle piccole cose”. Premesso che Gariglio è brava e stimabile persona, mi ha lasciato a bocca aperta la “ricetta” da lui annunciata che il nostro centrosinistra si appresta a mettere in campo per salvare se stesso e la nostra città, tenendo pure conto che lo stesso Gariglio si candida ormai scopertamente per l’incarico a sindaco. In sostanza esisterebbero due prospettive: subito l’individuazione di una nuova “visione” della città, di una prospettiva strategica per i prossimi decenni in grado di avviare un nuovo ciclo nonostante le ristrettezze dei bilanci; e quindi il recupero della prossimità, l’attenzione ai problemi concreti delle persone e dei luoghi che esse abitano, il buon funzionamento quotidiano della città. Se della prima prospettiva nulla è maggiormente specificato, sulla seconda si è maggiormente puntuali: le strade, i lampioni, il verde pubblico, il decoro urbano. Mi sembra davvero poco per convincere a votare persino me, immaginiamoci chi non considera il centrosinistra come suo luogo naturale. Poco, perchè la manutenzione della città dovrebbe essere un dato intrinseco, che non è di destra o di sinistra ma un semplice dovere di chi amministra una città, come un medico deve dare la giusta terapia, un architetto costruire case che non crollino, un ragioniere fare i calcoli in maniera corretta. Semmai la domanda è: attraverso quali politiche si può fare ciò? Una politica “espansiva”, di tipo keynesiano o di depressione, di taglio forsennato? Insomma: Giorgio La Pira o Guazzaloca? Ma non solo. La sfida, continua Davide, è impedire che vi siano due Torino, esemplificate dall’asse di corso Regina Margherita con una Torino Nord in cui crescono i problemi di coesione sociale, sicurezza e via discorrendo ed una diciamo “sud” meglio organizzata. Forse però un’analisi della nostra città potrebbe prendere meglio in considerazione lo stato e le diseguaglianze di salute che disegnano una mappa un po’ diversa dei nostri quartieri dove la spettanza di vita, l’accesso ai servizi sanitari è a macchia di leopardo con perdite di salute e di vita dei residenti che non ci aspetteremmo. Un articolo di giornale non è un programma, ma ci farebbe piacere sapere che Torino possa diventare un motore di innovazione internazionale, che puntiamo ad essere un fulcro di ricerca specializzata, che vogliamo diventare la punta di diamante della ricerca biotecnologica, che stiamo pensando di diventare una città di attrazione per giovani ricercatori e lavoratori, le cui famiglie non dovranno preoccuparsi di trovare un asilo pubblico per i propri figli, che stiamo imparando a leggere gli spostamenti demografici dei nostri cittadini per dare risposte veloci sui nuovi insediamenti e servizi, che creeremo molti nuovi posti di lavoro attraverso una vera e propria rivoluzione verde, una vera green metropolis che vuole entrare nel futuro dalla porta principale senza falsi ambientalismi ma con il timone ben fermo verso la nuova produzione di energia, la qualità dell’aria; che siamo la città delle acque che difenderà il proprio bagaglio tecnologico ed amministrativo nella gestione delle acque, pubbliche ed economicamente sane. Partire dalle cose semplici è certamente un bene e di questo va reso a Davide quel che è di Davide. Ma la società moderna è complessa e richiede soluzioni complesse che non prevedono scorciatoie alla stessa maniera per cui non vogliamo essere curati con farmaci obsoleti e chiediamo una TAC invece di una semplice lastra radiografica. Riempire le buche delle strade, sostituire le lampadine dei lampioni, curare la aiuole non rappresenta un programma politico, ma una semplice idea di amministrazione, anche sana amministrazione, per cui potrei scegliere chiunque di destra o di sinistra a patto che sia una persona onesta. Non è più il tempo di essere restii  nel dire cosa si vuol fare, ma è venuto il momento di dire chiaramente a cosa puntare nel futuro