C’è da avere paura.  Non tanto per i limiti delle politiche di destra. Ma soprattutto per una specie di silenzio critico, di incapacità di analizzare cosa effettivamente significhi assegnare una “patente” alla povertà.
Più che opposizione, le forze di “sinistra” stanno facendo praticare ai loro elettori la “costernazione”. Eppure dovrebbe piacerci uno Stato caritatevole che elargisce sconti, che si premura di permettere agli anziani indigenti di arrivare alla quarta settimana.
Se non fosse che svegliandoci dal sonno della ragione a cui ci sta abituando la creatura democratica veltroniana – dell’Italia dei valori non ci abbiamo mai fatto affidamento -  e tornando alla analisi pura e semplice, ci si accorge che qualcosa non funziona.
Così, la prima considerazione di questo tipo di politiche è, appunto, la rinuncia della politica, della sua funzione, della sua capacità di risolvere i problemi.
Archiviato Beveridge – che inventò il Welfare State moderno -, il solidarismo cattolico e la redistribuzione socialista, siamo entrati nel millennio della moderna elemosina discrezionale, estemporanea, ricavata dalla questua di petrolieri e banche e, come tale, ritirabile quando la disponibilità, economica e politica, sarà terminata.
Non interessa formare dei cittadini, considerarli così adulti da poter disporre del principio di libertà nell’utilizzo delle risorse assegnate. Meglio costringerli a spendere dove uno Stato-Padre ritiene più utile.
Un nuovo “divide et impera”, un rapporto diretto e solitario con le istituzioni, non più una storia collettiva ed un problema della collettività con la necessità di rappresentanza anche politica.
Non più il tentativo di far uscire in maniera sistemica queste fasce sociali dalla propria povertà, (così come si è tentato con il sistema sanitario universale, lo statuto dei lavoratori e perfino l’edilizia popolare) attraverso meccanismi durevoli.
Al contrario, un meccanismo che “pietrifica” la condizione sociale, la cristallizza, non individua forme di possibile passaggio a livelli superiori, ma la censisce e mantiene a 400 € al mese.
Una misura frammentata, senza idea d’insieme, slegata da qualsivoglia progetto strutturale.
Una risposta che dovrebbe far arrossire anche i nostri “liberali” nostrani che per anni ci hanno spiegato le virtù di questo sistema, del mercato che attraverso al concorrenzialità equilibrava i prezzi: vi ricordate lo Smith della “marea che avrebbe sollevato tutte le barche”?
Almeno lì esisteva una visione più sistemica di possibile riequilibrio sociale attraverso una – mistificante? – crescita che avrebbe contagiato tutti, sviluppato il benessere sociale.
Qui siamo invece all’individuazione attraverso una carta bancomat, di un insieme sociale da considerarsi inemendabile: non è possibile studiare nulla per la crescita sociale di queste persone: poveri sono e poveri resteranno.
Un arretramento quindi più ampio, dove, appunto, anche la politica getta la spugna e non si consuma più nel cercare strade diverse rispetta all’elemosina, non ritiene più possibile impegnarsi in idee ed impegnare diversamente le risorse per dare una risposta a ciò che, ormai sembra immutabile.
C’è da chiedersi allora a cosa serva la politica se non è più in grado di dare risposte sensate a questi bisogni.
È come la medicina che rinuncia a curare tumori, aids, malformazioni perché lo “sbaglio di natura” non è affrontabile, e che quindi impegna tutele sue energie nelle cure compassionevoli.
E non esiste nemmeno, data l’ampia maggioranza ottenuta, un problema di governabilità.
O meglio viene fuori cosa la destra intenda per governabilità: semplicemente un valore in sé stesso, sterile ed amorfo, fatto per  non subire perturbazioni, per continuare la conservazione degli attuali equilibri tra gruppi privilegiati ed socialmente svantaggiati.
Altra cosa è intendere la governabilità come strumento per costruire interventi strutturali, anche di difficile consenso elettorale, ma di efficacia almeno presumibile – perché gli errori non hanno colore e possono verificarsi da tutte le parti.

Questa è comunque solo la prima puntata, la parte politica, di visione d’insieme, di cosa può comportare questa manovra.
Se può essere d’interesse, domani sarà pubblicata la seconda puntata, quella di politica economica, dove sarà più chiaro anche il perché questa manovra abbia vere e proprie caratteristiche di inefficacia economica certa, che toglie perfino risorse alle riforme necessarie.