Un testo di Jacques Attali dal suo sito
Ci si può meravigliare di vedere dirigenti dell’opposizione, che non dovrebbero pensare che a trovare migliori risposte alla crisi attuale rispetto a quelle del potere, lanciarsi addosso dei ridicoli anatemi. Ci si può ribellarsi nel vedere gli eredi di Francois Mitterrand suicidarsi politicamente quando sono elettoralmente in maggioranza. E tuttavia questa discussione non è senza importanza e pone due questioni essenziali.
Immediatamente quella della validità stessa del concetto di socialismo: in un mondo dove tante barbarie sono state, e sono ancora, commesse nel suo nome, è stato barattato in molti paesi con quello di socialdemocrazia. Conserva pertanto tutta la sua forza utopistica, a condizione di non ridurlo a un beato positivismo scientista e di non tornare al suo senso primo, che è quello di far passare, all’interno di certi ambiti, l’interesse generale davanti agli interessi particolari.
La questione è quindi quella di tracciare il confine tra ciò che oggi deve restare privato e ciò che deve essere socializzato (come dire ciò che deve essere un servizio pubblico). Ora, la crisi attuale ci insegna che diverse cose che si credevano dovessero restare private influiscono troppo sul benessere collettivo per non essere, in una maniera o nell’altra, socializzate: è il caso della finanza; è anche il caso della natura, dato che le generazioni future fanno parte della società di cui bisogna proteggere gli interessi; e l’ecologia è ormai una delle dimensioni essenziali di una socializzazione necessaria di certe scommesse mondiali.
Socializzare un ambito suppone di precisarne il quadro geografico: in diversi casi, come aveva già visto Marx, è oggi necessariamente mondiale, o al meno continentale.
L’altra questione è quella della pertinenza del termine “socialista” nel nome del principale partito di opposizione in Francia, dove il Presidente della Repubblica, si suppone di destra, s’ingegna a tenere, su diversi argomenti, un discorso che non rifiuta alcuna ideologia della sinistra più esigente.
Di fatto, e quale che sia il nome che verrà adottato, se i socialisti francesi continuano a non discutere sui confini tra privato e pubblico, mercato e democrazia, ciò che deve essere a pagamento e gratuito, se penseranno a non porre chiaramente la socializzazione della natura e della finanza al primo posto del loro programma, se continueranno a non definire i livelli della socializzazione (il mondo, l’Europa, la nazione, la collettività locale), essi non faranno che accompagnare con le loro derisorie contese la lenta evoluzione odierna verso una società che privatizza sempre di più i profitti, socializza sempre più i debiti e costringe sempre di più i poveri a pagare i beni essenziali: oggi la musica, domani la sanità, l’educazione e il resto.
Se continueranno così, in tre anni, dieci candidati di sinistra saranno battuti dal solo candidato che sarà stato, almeno nei suoi discorsi, apertamente socialista, e che sarà trionfalmente rieletto.
Immediatamente quella della validità stessa del concetto di socialismo: in un mondo dove tante barbarie sono state, e sono ancora, commesse nel suo nome, è stato barattato in molti paesi con quello di socialdemocrazia. Conserva pertanto tutta la sua forza utopistica, a condizione di non ridurlo a un beato positivismo scientista e di non tornare al suo senso primo, che è quello di far passare, all’interno di certi ambiti, l’interesse generale davanti agli interessi particolari.
La questione è quindi quella di tracciare il confine tra ciò che oggi deve restare privato e ciò che deve essere socializzato (come dire ciò che deve essere un servizio pubblico). Ora, la crisi attuale ci insegna che diverse cose che si credevano dovessero restare private influiscono troppo sul benessere collettivo per non essere, in una maniera o nell’altra, socializzate: è il caso della finanza; è anche il caso della natura, dato che le generazioni future fanno parte della società di cui bisogna proteggere gli interessi; e l’ecologia è ormai una delle dimensioni essenziali di una socializzazione necessaria di certe scommesse mondiali.
Socializzare un ambito suppone di precisarne il quadro geografico: in diversi casi, come aveva già visto Marx, è oggi necessariamente mondiale, o al meno continentale.
L’altra questione è quella della pertinenza del termine “socialista” nel nome del principale partito di opposizione in Francia, dove il Presidente della Repubblica, si suppone di destra, s’ingegna a tenere, su diversi argomenti, un discorso che non rifiuta alcuna ideologia della sinistra più esigente.
Di fatto, e quale che sia il nome che verrà adottato, se i socialisti francesi continuano a non discutere sui confini tra privato e pubblico, mercato e democrazia, ciò che deve essere a pagamento e gratuito, se penseranno a non porre chiaramente la socializzazione della natura e della finanza al primo posto del loro programma, se continueranno a non definire i livelli della socializzazione (il mondo, l’Europa, la nazione, la collettività locale), essi non faranno che accompagnare con le loro derisorie contese la lenta evoluzione odierna verso una società che privatizza sempre di più i profitti, socializza sempre più i debiti e costringe sempre di più i poveri a pagare i beni essenziali: oggi la musica, domani la sanità, l’educazione e il resto.
Se continueranno così, in tre anni, dieci candidati di sinistra saranno battuti dal solo candidato che sarà stato, almeno nei suoi discorsi, apertamente socialista, e che sarà trionfalmente rieletto.
(Traduzione mia)
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