Le elezioni americane rappresentano una posta considerevole per gli Europei. Non solo perché quel paese rappresenta ancora più di un quarto dell’economia mondiale e perché la sua buona salute è essenziale alla nostra, ma soprattutto perché il modo attraverso cui il prossimo presidente degli Stati Uniti, chiunque esso sia, sarà il finanziatore delle soluzioni degli enormi problemi dell’America che avranno un enorme impatti su di noi. E di questo i candidati non hanno parlato.
Perché le spese budgettarie americane saranno enormi:per stabilizzare il mercato immobiliare, disporre dei prestiti ipotecari, trovare abitazioni meno care per coloro che non possono più pagare le proprie, evitare l’asfissia del sistema bancario, migliorare le infrastrutture delle città e degli Stati (per un importo valutabile in 1600 miliardi di $). Bisognerà anche aumentare l’indennità di disoccupazione e le borse di studio, sarà necessario milgiorare il sistema sanitario (40 milioni di persone non possiedono copertura sanitaria, lamortalità infantile è lì superiore a quella della Slovenia e la speranza di vita diminuisce). Bisognerà infine continuare ad aumentare le spese militari (che sono raddoppiate dopo il 2000, ma che restano largamente inadeguate).
Per finanziare tutto questo, il prossimo presidente americano dovrà compiere delle scelte che influenzeranno il nostro futuro: maggiori imposte, e andremo senza dubbio in recessione; aumento del deficit ed assisteremo sicuramente alla caduta del dollaro.
Il prossimo presidente dovrà anche fare in modo che gli americani producano prodotti competitivi, economizzino l’energia, sviluppino auto a trazione elettrica, riorientino le loro produzioni agricole, cessino di vivere al di sopra dei loro mezzi, tutte sscelte che avranno su di noi conseguenze, perché potranno fare dell’industria americana un concorrente su tutti i mercati mondiali.
Noi abbiamo interesse che l’America vada meglio; ma se gli Americani, una volta di più, riporteranno le loro contraddizioni sul resto del mondo, ci faranno pagare, ancora una volta, i loro debiti e si rimetteranno a vivere a credito.
Discutere del suopogramma con il prossimo presidente degli Stati Uniti è dunque essenziale. Questo dovrà costituire un elemento fondamentale della prossima conferenza internazionale del 15 novembre a New York. Ed ancora bisognerà avere il coraggio di dirgli, molto fermamente, che il resto del mondo dovrà ormai esercitare un diritto di ingerenza sulla politica economica degli stati Uniti…
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