Un po’ di tempo fa, decidemmo, come Autorità d’Ambito 3 torinese, di agevolare le famiglie ed i soggetti con maggior svantaggio sociale nella tariffazione dei consumi dell’acqua.
Il problema era trovare un sistema poco distorsivo ed il più veritiero possibile sulla reale condizione dei cittadini, che almeno diminuisse il più possibile eventuali errori come far pagare poco a chi guadagna molto e molto a chi è in evidente difficoltà.
Immaginammo un sistema a fasce con importi unitari diversi, anche legati al consumo di acqua.
Mettemmo alla prova diverse simulazioni ed infine scegliemmo l’indice ISEE per avere un parametro reale.
Lo stesso confronto con le associazioni dei consumatori ci confortò in tal senso, ed ora dopo un periodo di sperimentazione, posso affermare che la scelta si è rivelata giusta.
Il fatto mi è venuto in mente dopo la lettura di un
interessante articolo comparso il 30 maggio su www.lavoce.info a cura di Davide Tondani che ricordava il decimo compleanno dell’Indicatore di Situazione Economica Equivalente, appunto l’Isee, introdotto con il decreto Legislativo 109/98.
Ma cos’è in soldoni l’Isee?
È uno strumento in grado di fornire  indicatori di benessere più veritieri del solo reddito personale, proponendosi di realizzare criteri uniformi nella valutazione della condizione economica per selezionare i beneficiari delle politiche di welfare.
Lasciando l’approfondimento al chiaro articolo di Tondani, ricordo solo che l’Isee si fonda su tre pilastri: l’opzione a favore del reddito famigliare invece di quello individuale; la valutazione del patrimonio; il numero dei componenti della famiglia.
Rimane a mio avviso il miglior indice per la cosiddetta “prova dei mezzi” a cui ogni cittadino e famiglia è esposto quando ad esempio deve pagare una tassa diretta o indiretta, cioè la capacità, con i propri di mezzi, di sostenere una determinata spesa.
Malgrado la riconosciuta funzionalità, anche se certamente tutto è perfettibile, è da rilevare come molte scelte del legislatore nel determinare chi può e chi non può accedere a benefici di politiche di welfare, non si basino su questo strumento, ma su molto più discutibili indici che non rendono conto della effettiva capacità economiche dei cittadini.
Alcuni esempi sono la detrazione IRPEF delle famiglie con almeno quattro figli o la detrazione IRPEF di una parte del canone di locazione dell’abitazione principale.
Questi esempi sono abbastanza chiari nel far comprendere come, la non applicazione di un indicatore come l’Isee, possa ingenerare una critica diffusa tra i cittadini che è quella di elargire dei benefici anche a individui con una condizione economica che non giustificherebbe questo trasferimento di risorse.