Siamo sicuri che gli incentivi alla rottamazione secondo l’attuale schema siano un fattore positivo? Se ci rifacciamo a qualche piccola suggestione della teoria microeconomica, qualche dubbio potrebbe essere legittimo.
Innanzitutto ridurre il prezzo tout court ne accresce semplicemente la domanda. Ma lo fa riducendo comunque la domanda futura, senza nessuna strutturalità in quanto il sussidio è temporaneo. Questo aumento di domanda si ripercuoterebbe, poi, negativamente sugli altri beni simili (beni durevoli) perché il portafoglio di ognuno di noi non è infinito e l’acquisto di nuove automobili inibirebbe il mercato, ad esempio, di elettrodomestici. Il calo dell’acquisto di altri beni porterebbe inoltre al minor introito di gettito fiscali di questi prodotti, mettendo in discussione che la manovra sulle auto sarebbe a costo zero per lo Stato. Inoltre gli altri settori rivendicherebbero, con una certa ragione, uguali aiuti dallo stato.
Ma soprattutto si colpirebbe veramente l’efficienza vera dell’uso delle risorse impiegate dalla comunità. In sostanza il prezzo pagato da chi compra quel tipo di merce, risulterà minore del costo che la società, nel suo insieme, spende per produrlo. E seguendo l’economia ambientale anche successivamente per smaltirlo. Dato inoltre che verranno prodotti e venduti “sottocosto” molti più prodotti, questa inefficienza nell’impiego delle risorse si moltiplica ed aggrava rispetto ad una situazione standard.
Meno che mai, gli incentivi alla rottamazione, anche mettendo in circolazione nuove automobili con standard di emissione ridotte, aiuta nella guerra che gli amministratori locali si trovano a combattere per la riduzione dello smog. Come più estesamente indicato in un precedente post, “la riduzione di emissioni guadagnata per ogni singola vettura viene abbondantemente compensata dagli oltre 5 km pro capite in più percorsi ogni giorno e dalla continua crescita del parco auto in Italia che continua a gonfiarsi con oltre 200 mila macchine l’anno”.
Se comunque si devono prevedere misure di incentivo/disincentivo, si possono prendere in considerazione alcune idee e sperimentazioni ancora poco conosciute (California, Ontario ecc.) che avevamo precedentemente segnalato.
Un efficace strumento che impiega la leva economica e che non si discosterebbe come costi rispetto alla rottamazione, potrebbe essere quello della tassa/sconto. In sostanza al momento dell’acquisto di una autovettura, il cliente dovrebbe pagare una tassa oppure ottenere uno sconto, entrambi di entità variabile, a seconda di quanto il veicolo comprato sia efficiente. Secondo alcune esperienze in sostanza le tasse compenserebbero i rimborsi (Hawken, Lovins:capitalismo naturale 2007). Se si volesse raffinare ancora meglio questa strategia si potrebbe calcolare l’importo della tassa/sconto in base a quanto la nuova auto è più efficiente rispetto al veicolo precedentemente posseduto, che deve comunque essere demolito e non rivenduto. A margine la modifica della stessa imposta provinciale (IPT) sulle nuove immatricolazioni potrebbe rappresentare la tassa da rivedere secondo questi nuovi criteri. Il meccanismo favorirebbe la concorrenzialità, premiando i produttori di auto efficienti e stimolandone maggiormente la ricerca e commercializzazione di veicoli sempre meno inquinanti. Non da ultimo questo nuovo meccanismo di incentivo produrrebbe un’occupazione dell’industria qualitativamente migliore, anche mantenendo l’attuale forza quantitativa.
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