Roma, 20 nov. (Adnkronos Salute – via univadis) – Pochi, sempre meno, e con un organico ridotto: è la fotografia scattata dal ministero della Salute sulla situazione dei consultori familiari in Italia, strutture finalizzate ad assicurare informazione e assistenza psicologica, sanitaria e sociale per la maternità, la paternità e la procreazione responsabile. A 35 anni dalla loro istituzione, ne risultano attivi solo 1.911 (dato 2009). Pochi, considerando che secondo la legge ce ne dovrebbero essere più di tremila. E invece di aumentare, la loro presenza sul territorio sembra ridursi. Nel 2007 se ne contavano 2.097, quindi in due anni ne sono stati chiusi o accorpati ben 186. Analizzando l’indagine pubblicata sul sito web del ministero della Salute, si scopre poi che solo in 6 Regioni (Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche e Sicilia) è presente in tutte le Asl un budget vincolato per l’attività dei consultori. Ma non è solo un problema di strutture. A scarseggiare è anche il personale che lavora all’interno dei consultori familiari. Secondo l’analisi, solo il 21% delle strutture dispone di 6-7 figure professionali, così come previsto dal Pomi (Progetto obiettivo materno infantile).

Nel 45% dei casi il consultorio dispone di un’equipe di 4-5 figure, con le quali è possibile svolgere un lavoro “sufficiente anche se incompleto”. Nel 23% delle strutture l’equipe è invece composta da 1-3 professionisti fondamentali, “il che – secondo il ministero – lascia intendere che in questi consultori non si riesce a lavorare in maniera multidisciplinare”. Le figure più presenti sembrano essere: l’ostetrica, lo psicologo, l’assistente sociale e il ginecologo. A scarseggiare sono: i pediatri, le infermiere pediatriche e le assistenti sanitarie. Analizzando i dati Regione per Regione, emerge che realtà consultoriale in Italia è estremamente disomogenea. Rapportando infatti la popolazione residente con il numero dei consultori rilevati nel 2007, emerge che la metà circa delle Regioni si trova molto distante da quella popolazione di riferimento di 20 mila abitanti in area urbana e 10 mila in area rurale, che è indicata dalla legge 34 del 1996. Se, infatti, nel 2007 esisteva in media un consultorio ogni 28.431 abitanti nel 2009 tale rapporto è ulteriormente sceso a 1 ogni 31.197 nel 2009. E comunque, il dato significativo che emerge dall’indagine del ministero è che, ad esclusione di Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna che fanno registrare un incremento del numero dei consultori nel 2009, nella stragrande maggioranza delle Regioni i consultori sono diminuiti o comunque risultano riaccorpati funzionalmente. Il monitoraggio ha preso in esame anche il numero dei locali all’interno dei consultori pubblici. Secondo la legge, queste strutture dovrebbero disporre di: locale per l’accoglienza degli utenti; segreteria e informazioni; locale per la consulenza psicologica diagnostica e terapeutica; locale per le visite ostetrico-ginecologiche e pediatriche; locale per le riunioni; lo spazio archivio. Ebbene, solo la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano, quella di Trento, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio, la Sardegna e la Sicilia hanno una media superiore all 50% di consultori con 5 o più locali. Il 18% delle Regioni non ha inviato risposta riguardo a questo quesito. Secondo l’indagine, La qualità dei consultori è giudicata dagli operatori buona per il 55%, mediocre per il 29% e solo il 3% delle sedi consultoriali viene definito fatiscente. “Questo – spiega il ministero nelle sue conclusioni del Rapporto – è un dato molto importante in quanto ci dice che con risorse contenute si potrebbe migliorare la qualità strutturale delle sedi”. La maggior parte dei consultori è provvisto di personal computer, anche se è basso il numero di quelli che dispongono di posta elettronica o di rete intranet predisposta a scambiare dati, condividere informazioni e facilitare la comunicazione allinterno della struttura e tra strutture. Sulla disponibilità nell’offerta dei giorni e degli orari di apertura tra le varie Regioni, si è infine riscontrato una omogeneità nell’apertura mattutina dai 3 ai 5 giorni alla settimana, mentre vi è una flessione nell’apertura pomeridiana che si riduce ad 1-2 pomeriggi alla settimana in quasi tutte le Regioni. Rara l’apertura nel giorno di sabato.-