Gilberto Corbellini, con la consueta intelligenza, accosta due fatti apparentemente slegati riguardanti le impronte digitali, rilevando la “quasi surreale” contemporaneità del rilevamento delle impronte digitali da imporre ai bimbi Rom e la proposta del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, di riconoscimento della validità delle votazioni dei parlamentari sempre attraverso le impronte. La differenza vera è presto detta: i parlamentari potranno rifiutarsi di sottoporsi al sistema biometrico, i Rom no. Esiste però anche un secondo livello del problema, che ci proietta immediatamente tra le sfide future che la politica si troverà presto ad affrontare – e che per ora sta graziosamente continuando ad ignorare. Per dirla il più semplicemente possibile, la ricerca scientifica sta mettendo in mano alla politica strumenti con potenzialità veramente straordinarie e su cui il legislatore non ha ancora, a mio modesto avviso, riflettuto in maniera compiuta, pur iniziandoli ad utilizzare. “Procedere ad una identificazione biometrica” – rileva Corbellini – rimane una scelta politica e culturale. È una precisa responsabilità dei politici saper usare le più moderne tecnologie per migliorare la sicurezza dei cittadini, e allo stesso tempo evitare di alimentare reazioni che potrebbero far rivivere stagioni in cui le discriminazioni razziali producevano tragedie e sofferenze sociali”. Tanto più, ironia della sorte, che viene usato uno strumento scientifico – l’analisi biometrica e genomica – che ha ampiamente dimostrato che non esistono razze o etnie in senso biologico.