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Come misurare la crisi in atto sul nostro territorio? E quali strumenti possono essere decisivi per superarla? Non è una novità che elementi quali l’innovazione industriale e l’Hi-tech (alta tecnologia) rappresentano fattori che possono servire “alla bisogna”. Ed allora risulta utile prendere in mano il Rapporto del Comitato Torino Finanza presentato il 9 settembre scorso sulle start up che può chiarirci la necessità di affrontare un argomento che può rappresentare una vera priorità. Il rapporto in sintesi ci spiega che le piccole e medie imprese (Pmi) ad alta tecnologia nate tra il 2000 ed il 2005 in Piemonte crescono poco e difficilmente superano la soglia, non solo psicologica, delmilione di fatturato. Facendo alcuni confronti con lo storico precedente, il decennio in corso rischierebbe di lasciare rispetto al passato un “buco” stimabile intorno all’1,3% del Prodotto interno lordo (Pil). Anche se non sembrerebbe esistere un problema di accesso ai fondi per partire, in quanto il sistema degli incentivi funzionerebbe sia per la parte pubblica che per quella legata al privato bancario. Un piccolo viaggio attraverso i dati ( ricavati da un pregevole articolo del Sole24ore – NordOvest del 10.9) può forse spiegare meglio di tanti esempi.
Se si estraggono i dai sul Pil della Regione Piemonte, si può vedere che una parte del Pil prodotto – 16 miliardi su 109 – è prodotta da 14.600 società con fatturato superiore ai 100.000 €. Un dato che salta subito all’occhio è che ad esempio circa 3 iliardi sono prodotti da aziende nate prima del 1900 (tipo Fiat per intenderci), più di 2 miliardi derivano da quelle nate negli anni ’70 e più di un miliardo e mezzo da quelle costituite negli anni ’90: la media in sostanza dice che ogni decennio del XX secolo ha generato aziende che concorrono al Pil per circa 1 miliardo e mezzo. Il dato di “produzione” delle aziende nate tra il 2000 ed il 2005 è certamente basso: appena 110 milioni. Facendo un piccolo calcolo il “ritardo” di generazione di ricchezza rispetto al secolo scorso è di circa 640 milioni. Da qui la considerazione degli economisti che hanno redatto il rapporto: “ Tutto lascia immaginare che il decennio in corso si chiuderà con un’eredità molto modesta” con la verosimile perdita, a fine del decennio, di circa l’1,3% del prodotto interno lordo del Piemonte.
Del “che fare?” si occupa la seconda parte del rapporto. Il metodo di analisi è, in apparenza, semplice: si prendono le 1020 imprese e si confrontano 2 gruppi confrontando le prime 150 con le altre. Si scopre, allora che il 12% delle imprese migliori è partita con il solo aiuto dei capitali raccolti in modo proprio (parenti ed amici) contro il 34% delle altre. Significativo risulta anche il fatto della composizione del management: il 32% delle imprese di successo è partita con più di 4 persone al comando contro l’11% delle altre; solo l’8% è inoltre stata fondata da un imprenditore singolo contro il 23% delle ”inseguitrici”. Le aziende di testa non sono state inoltre timide nel richiedere finanziamenti pubblici avendolo fatto almeno una volta nel 72% dei casi, e nel 41% ha accolto nel proprio capitale sociale manager finanziatori contro il 15% delle imprese meno brillanti. Gli ultimi dati raccontano che nei primi 18 mesi di vita, il 75% delle imprese di successo hanno attratto finanziamenti dalle banche contro il 58% delle altre.
Ognuno potrà trarne le conclusioni che meglio crede, ma i prossimi programmi elettorali per i nostri territori non potranno eludere questi dati e non trattarli insieme ai dati sulla disoccupazione e sulla “prova dei mezzi” a cui sono sottoposte le famiglie. Una Sinistra non può che considerarli facce della stessa medaglia e pensare a politiche locali conseguenti.
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