Continuo a pensare che sia uno stupido errore boicottare la Fiera del Libro di Torino dopo la decisione di ospitare Israele, come ho avuto modo di scrivere nel precedente post “boicottare Israele“.
Pur mantenendo ferma la condanna contro certa politica di occupazione riassumibile oggi nell’assedio a Gaza, credo che continui ad avere ragione Valentino Parlato quando dice “il boicottaggio è muto, è un no senza argomenti… Meglio sarebbe approfittare della Fiera per discutere, criticare la politica dello Stato di Israele, difendere i diritti dei Palestinesi”.
Oppure Tahar Ben Jelloun quando dice che “non confondo Olmert con Oz, Grossman o Gutfreund
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La chiave che forse permette di comprendere di più l’errore nascosto del boicottaggio ce lo fornisce indirettamente Tzvetan Todorov, critico, filosofo e storico, campione del nuovo umanesimo e studioso dei totalitarismi.
“Rendetevi conto che la letteratura non è un piacere, un lusso per gente coltivata, ma è qualcosa che permette di studiare e capire il mondo”.
Boicottare è il contrario dell’invito alla lettura, ad andare alla fonte, alla parola, preferendo occuparsi di tutto ciò che viene detto attorno senza il confronto diretto, come ha sintetizzato Gigi Riva sull’Espresso di questa settimana.
Se “la letteratura non è il patrimonio di un’elite che pretende di avere un’esclusiva sull’interpretazione” bisogna stare attenti all’invito di chi interpreta per noi la letteratura e ci dice che è meglio non leggere ciò che un popolo, non il suo governo, sa esprimere.
Oltre al fatto che chi ci invita al boicottaggio muto e senza argomenti, molto spesso non ha nemmeno preso la briga di leggere questa letteratura, molto più critica verso la guerra e l’oppressione, rispetto ai nostri novelli Torquemada di cartone.