Gli industriali chiedono all’Unione Europea di fare marcia indietro sulla questione ambientale.
“Si uccide l’industria” ulula Emma Marcegaglia di Confindustria, proprio quando i venti della recessione iniziano a sferzare.
Una delle cose che abbiamo imparato da questa crisi finanziaria è il fatto che il mercato smette di funzionare e crea disastri nel momento in cui gli attori del sistema, noi in definitiva, non hanno tutte le informazioni corrette.
I prezzi non rispecchiano il vero valore delle cose e via discorrendo fino a momenti di crisi globale come l’attuale.
Lasciateci inquinare un po’ di più, o almeno più a lungo: in caso contrario il diluvio universale.
Non siamo eco-catastrofisti gratuiti, ma come dicevamo prima, qualche cosetta di politica e di economia l’abbiamo imparata.
Se quindi vogliamo giocare tutti ad armi pari, basterebbe fare una cosa molto semplice: fare emergere quali sono i veri costi ambientali delle attuali produzioni e chi le paga.
Fare in modo cioè che il mercato sappia e mostri i veri costi totali delle merci prodotte: il prezzo totale dovrà cioè esprimere lapropria verità ecologica.
In caso contrario, ed è quello che oggi chiede implicitamente Emma Marcegaglia, il mercato venderà le merci prodotte a prezzi inferiori rispetto ai costi totali, per la semplice ragione che i costi totali di disinquinamento, di cure delle malattie correlate, di smaltimento dei rifiuti prodotti e via discorrendo, continueranno ad essere pagati dalla comunità nella sua generalità attraverso le tasse, ribaltando cioè questi costi all’esterno – che poi sono i cittadini sottoposti alle tasse.
Barroso, che non è l’ultimo sciocco, lo sa. Speriamo che riesca a tenere duro.
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