Il Partito Democratico è una grande forza politica che si candida al Governo del nostro Paese. Sulla capacità effettiva di risolvere problemi di rilievo e di difficile soluzione, direi che oggi ha dimostrato una certa inettitudine, astenendosi sul voto riguardante la vicenda di Eluana Englaro. Ognuno infatti può pensarla come vuole, ma tra le diverse possibilità, tutte sicuramente sofferte e cariche di ragioni, ha scelto l’unica che, moralmente, ripesca l’impotenza etica facendola diventare linea di scelta politica: mi astengo, non so cosa sia meglio. La gravità di questa posizione ha diverse sfaccettature. Innanzitutto manca un vero coraggio etico. Il problema viene risolto da una mediazione politica che non assume più un valore di sintesi alta, ma che imbriglia, disattende, congela quello che le diverse opinioni dei nostri parlamentari avrebbero voluto esprimere. Consegna un messaggio oltremodo inquietante: su questioni etiche non sappiamo esprimere nessuna posizione e lasciamo alle altre forze politiche la capacità e la forza di decidere. Ed il pensiero va immediatamente all’altezza dimostrata in altre epoche, dai nostri Padri costituenti ed alle loro discussioni appassionate, che però hanno sempre saputo trovare un’alta sintesi politica che continua a guardarci dai fogli della nostra Costituzione. Eppure a discutere c’erano Nenni, Pertini, Togliatti, De Gasperi, Moro: gente che non si può dire avesse le stesse coordinate di pensiero e che entrava in un periodo difficile della Storia uscendo dal Fascismo!
Non oso immaginarmi cosa voteranno, o meglio come si asterranno, riguardo alle complicate sfide scientifico-tecnologiche che ci attendono in futuro.
Sarebbe stata davvero più comprensibile una divisione che comunque lasciasse alle proprie responsabilità i nostri rappresentati davanti ai propri elettori. Nessuno avrebbe fatto fatica a riconoscere i diversi travagli di coscienza e nessuno, penso, ne avrebbe tratto conclusioni affrettate di plauso o di biasimo.
Mi domando davvero se, a questo punto, l’etica politica sia in grado di affrontare problemi di questa portata. Me lo chiedo da medico, da chirurgo a cui si chiede sempre di prendere decisioni, figlio di una disciplina dove anche la non-decisione è in realtà una scelta. E mi chiedo davvero come i saranno sentiti molti miei colleghi, che siedono su quei banchi. Lo chiedo ad esempio ad Ignazio Marino, sicuramente più abile di me nella professione che condividiamo, ma che a più riprese si è dimostrato, almeno a parole, molto determinato nella capacità di scelta su questi problemi. Così come ad Umberto Veronesi, di cui confermo l’infinta stima professionale ed umana, di dire qualcosa in merito, anche non di sinistra.
Ma soprattutto mi fa davvero paura che un’articolazione politica così importante, almeno numericamente, possa decidere di indirizzare lo spirito delle leggi della nostra Repubblica. Perché in realtà ci consegna ad una risposta davvero inquietante: l’etica non può trovare applicazione nelle leggi che dovrebbero renderla viva.