I programmi politici attualmente noti continuano a gonfiarsi di strali contro le tasse, facendone, tramite presunte loro riduzioni, lo specchietto per allodole per “incauti” elettori.
Tutti però si guardano bene dal rendere noto lo stato di pervasività della tassazione, cioè rendono noto ad esempio tutte le occasioni che in una giornata, vedono il cittadino affrontare più o meno consapevolmente il sistema fiscale: il sapere questo potrebbe produrre un boomerang lanciato a forte velocità che costringerebbe ad esempio ad una azione di riduzione pressochè generale che parte da un conto corrente postale o bancario, all’acquisto di una bottiglia di latte.
Credo che le tasse non siano il male assoluto, ma che servano persino a quelle categorie che ne invocano con più veemenza l’abolizione come ad esempio industriali e affini.
Einaudi aveva condensato il problema dicendo che anche per il funzionamento del mercato, quello che queste categorie invocano come la risoluzione di molti mali, le tasse, sotto forma di funzionamento dello Stato, svolgono un’azione imprescindibile permettendo lo stessodiritto di proprietà o l’azione della coppia di carabinieri che sorveglia il piccolo mercato rionale permettendone il funzionamento.
Il problema allora potrebbe inquadrarsi in termini diversi. Le tasse devono essere eque, ma soprattutto devono svolgere in maniera corretta, efficiente ed efficace la propria funzione ed il caso delle politiche fiscali sull’ambiente è un esempio classico.
A questo riguardo abbiamo già da tempo rimarcato il convincimento che strumenti dell’economia ambientale quali la Carbon Tax abbiano maggior efficacia rispetto alle politiche comando e controllo o cap & trade per diversi motivi, tra cui la non distorsività dal punto di vista economico sulla tassazione generale, i migliori effetti prevedibili, l’equità ecc.
Non a caso segnaliamo inoltre da tempo, tra i nostri link preferiti, quello di Greg Mankiw, che ha rilanciato il cosiddetto PIGOU CLUB, dal nome dell’economista che ha teorizzato in maniera compiuta l’azione economica come contributo al problema ambientale. Non ripercorrerò i precedenti contributi già comparsi in questo blog, rimandando come collegamento a chi fosse interessato.
Ritengo però utile riprendere alcune considerazioni di carattere più politico che provengono dalle conclusioni di un interessante documento pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni che invito a leggere.
La considerazione è quella che essendo uno strumento economico, in soldoni una tassa, possiede una minore fattibilità politica in quanto ha maggiori difficoltà nel raccogliere consenso (anche tenendo conto della necessità di ridisegnare il sistema fiscale).
In questo modo vi sarebbe la garanzia che non solo il provvedimento verrà adottato solo quando una consistente maggioranza della popolazione è apertamente disposta a pagare per ottenere un vantaggio ambientale.
Per la stessa ragione sarà più semplice abolire la tassazione (mossa meno difficile rispetto alla cancellazione di regolazioni ricche di interessi hobbistici e sconosciute alla maggioranza dei cittadini) quando eventualmente emergerà che la strategia non sia sostenibile e che il riscaldamento globale è un problema con confini e tempistiche diverse da quelle che oggi si intravedono.
Tutti però si guardano bene dal rendere noto lo stato di pervasività della tassazione, cioè rendono noto ad esempio tutte le occasioni che in una giornata, vedono il cittadino affrontare più o meno consapevolmente il sistema fiscale: il sapere questo potrebbe produrre un boomerang lanciato a forte velocità che costringerebbe ad esempio ad una azione di riduzione pressochè generale che parte da un conto corrente postale o bancario, all’acquisto di una bottiglia di latte.
Credo che le tasse non siano il male assoluto, ma che servano persino a quelle categorie che ne invocano con più veemenza l’abolizione come ad esempio industriali e affini.
Einaudi aveva condensato il problema dicendo che anche per il funzionamento del mercato, quello che queste categorie invocano come la risoluzione di molti mali, le tasse, sotto forma di funzionamento dello Stato, svolgono un’azione imprescindibile permettendo lo stessodiritto di proprietà o l’azione della coppia di carabinieri che sorveglia il piccolo mercato rionale permettendone il funzionamento.
Il problema allora potrebbe inquadrarsi in termini diversi. Le tasse devono essere eque, ma soprattutto devono svolgere in maniera corretta, efficiente ed efficace la propria funzione ed il caso delle politiche fiscali sull’ambiente è un esempio classico.
A questo riguardo abbiamo già da tempo rimarcato il convincimento che strumenti dell’economia ambientale quali la Carbon Tax abbiano maggior efficacia rispetto alle politiche comando e controllo o cap & trade per diversi motivi, tra cui la non distorsività dal punto di vista economico sulla tassazione generale, i migliori effetti prevedibili, l’equità ecc.
Non a caso segnaliamo inoltre da tempo, tra i nostri link preferiti, quello di Greg Mankiw, che ha rilanciato il cosiddetto PIGOU CLUB, dal nome dell’economista che ha teorizzato in maniera compiuta l’azione economica come contributo al problema ambientale. Non ripercorrerò i precedenti contributi già comparsi in questo blog, rimandando come collegamento a chi fosse interessato.
Ritengo però utile riprendere alcune considerazioni di carattere più politico che provengono dalle conclusioni di un interessante documento pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni che invito a leggere.
La considerazione è quella che essendo uno strumento economico, in soldoni una tassa, possiede una minore fattibilità politica in quanto ha maggiori difficoltà nel raccogliere consenso (anche tenendo conto della necessità di ridisegnare il sistema fiscale).
In questo modo vi sarebbe la garanzia che non solo il provvedimento verrà adottato solo quando una consistente maggioranza della popolazione è apertamente disposta a pagare per ottenere un vantaggio ambientale.
Per la stessa ragione sarà più semplice abolire la tassazione (mossa meno difficile rispetto alla cancellazione di regolazioni ricche di interessi hobbistici e sconosciute alla maggioranza dei cittadini) quando eventualmente emergerà che la strategia non sia sostenibile e che il riscaldamento globale è un problema con confini e tempistiche diverse da quelle che oggi si intravedono.
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